Un nuovo ospite con un nuovo racconto.
Questa volta tocca a Silvia, un’altra mia follower di Instagram.
Vi auguriamo insieme una buona lettura.
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Io e Sara ci conosciamo da diversi anni, tanti amici in comune e tante occasioni per vederci.
Ricordo bene la prima sera in cui ci siamo fermate a parlare un po’ di più… io ero molto triste, intrappolata in una relazione malata e crudele. Lei era bella, forte, sicura di sé e molto gentile. Ricordo quella sensazione di pace e sicurezza che mi trasmetteva, i suoi modi così sicuri mi facevano credere che accanto a lei non mi sarebbe mai accaduto nulla.
Parlammo fino a notte fonda, era un mercoledì sera… la mattina seguente mi presentai a lezione con gli occhi gonfi e le occhiaie, ma l’animo più leggero. Allora le scrissi un messaggino: “grazie per ieri sera, mi hai fatto riflettere molto. Ora sto meglio”.
La sua risposta non si fece attendere a lungo, e mi spiazzò. “potrei farti stare ancora meglio. Sei libera sabato sera?”
Io: “e come?”
S: “fidati di me. Ci vediamo in piazza Maggiore alle 23. vestiti curata… anche sotto.”
Risposi con un rapido ok, molto preoccupata ed incuriosita. Iniziai a pensare a quale scusa utilizzare, il mio ragazzo non mi avrebbe mai permesso quell’uscita.
Arrivò il sabato pomeriggio, e mentre mi preparavo per andare a questo misterioso incontro sento il telefono vibrare, è WhatsApp: “ti voglio bella questa sera, bella e desiderabile. Non fare domande… vedrai.”
Ero così elettrizzata da non stare nella pelle. Mi presento in piazza alle 22:45, talmente trepidante da essere troppo in anticipo… un vestito nero, calze e rete e sotto un corpetto con slip in pizzo… andrò bene?
Sara arriva, mi viene incontro… ma è strana. Ha un’aura attorno nuova, lo percepisco da come cammina. Si avvicina, ed è bellissima. Alta e fiera sui suoi tacchi, sorride a labbra socchiuse e mi guarda come fossi il dolce a fine pasto. “sei in anticipo, brava. Ora ti spiego un po’ le regole di questa serata. D’ora in avanti mi chiamerai Erika, e io sarò la tua padrona. Non dovrai fare altro che fare tutto ciò che ti dico. Ti fidi di me vero?”
La mia testa ronzava, quasi non volesse capire le suo parole. Dopo un attimo di silenzio attonito, rispondo. “si, certo. Dove andiamo?”
Erika: “altra regola… non farmi domande. Seguimi.” Si volta, e se ne va.
Mi affretto per starle dietro, goffa come sono sul mio tacco 12. Lei invece è così sicura, così sexy… il suo sedere fluttua dentro ad un abito lungo di seta, sembra una diva del tappeto rosso. Noto che non indossa nulla sotto l’abito, fatta eccezione forse del perizoma. Mi accorgo che mentre le seguo, sono quasi eccitata… anzi, lo sono completamente. E me ne vergogno.
Arriviamo davanti ad una porta rossa, in un vicolo secondario. Fa un cenno ai ragazzi all’ingresso, che la fanno passare inchinando il capo. Io la seguo, cercando di capire che piega prenderà la serata.
Dopo un breve corridoio arriviamo in una stanza enorme, leggermente buia… ci sono tanti oggetti che non conosco, ma qualcuno di questi mi da molti indizi su quel luogo… una croce con attaccate delle manette, un lettino con accanto delle candele, una gogna e tante celle… siamo in un dungeon.
Seguo Erika dentro quelli che sembra camerini mi fa sedere sui divanetti. Forse spinta dalla mia espressione allibita, inizia a spiegarmi: “questa è una serata BDSM, tu sarai la mia sottomessa. Non preoccuparti, non ti farò del male. Se ciò che faremo diventerà troppo intenso per te, sarà sufficiente che tu mi dica PESCA… Sai perché ho scelto questa parola? Perché è il colore delle tue labbra… e voglio vederle supplicare. Ora spogliati.”
Ero in trance, riuscivo solo ad ascoltarla e ad obbedire.
Mi spoglio, resto con addosso solo il corpetto, gli slip e le calze. Mi metto in piedi davanti a lei, instabile sul mio tacco 12 ed in attesa.
E: “non dovrai parlare con nessuno, se qualcuno varrà parlarti, dovrà chiedere a me. Non puoi guardare le altre persone negli occhi, sarò io a concedertelo. Se ti dirò di approcciare qualcuno, dovrai farlo. Se ti dirò di sdraiarti, voltarti, inginocchiarti o metterti a carponi, tu lo farai.
Ora indossa questo” e continua porgendomi un finissimo collare in argento. “questa sera sei mia, e non devi preoccuparti di nulla”.
Mi accompagna accanto al lettino con le candele. Mi ordina di sdraiarmi, e subito non capisco… in quel secondo di ritardo nell’eseguire l’ordine mi arriva una sculacciata forte sul culo, così forte da bruciare.
E: “questo è quello che accadrà se non mi ubbidirai.”
Sono immobile, stupita, eccitata come mai prima. Mi sdraio, forse troppo lentamente… sento un’altra sculacciata forte, sull’altro lato del culo. “devi fare in fretta, non mi piace attendere”.
Una volta sdraiata la sento armeggiare con le candele e non capisco… poi sento del fuoco sulla mia schiena, un bruciore liquido… brucia, ma non fa male.
Sento la cera colare sul culo, dove poco prima sono stata sculacciata. La pelle è sensibile, brucia da morire… e io sento gli slip bagnarsi tra le gambe.
Erika mi ordina di voltarmi, cerco di farlo il più velocemente possibile ma non è abbastanza. Mentre sono a carponi mi arrivano due schiaffi, su entrambi i lati del culo, che mi ricordano la mia lentezza.
Ora sono sdraiata a pancia in su, e lei mi slaccia il corpetto scoprendomi la pancia ed il seno. Inizia colare la cera prima sul petto, poi scende verso l’ombelico. Io sono nuda, sono in mezzo a tanta gente che mi guarda… ma non percepisco nulla. Solo il caldo della cera e lei, lei che mi gira attorno come un avvoltoio sulla preda. Con la cera scende un po’, fino a farla colare sopra gli slip. Mi contorco, brucia tantissimo e il mio eccitamento è ormai irresistibile.
Erika ripone la candela, mi fa mettere seduta sul lettino e solo in quel momento mi accorgo di quanta gente si sia radunata attorno a noi… ci sono coppie, persone sole, uomini donne e due trans… tutti a guardare noi. Ma stranamente non sono timida, non provo vergogna. Sono nelle sue mani e tutto va bene.
Mi accompagna fino alla croce, prima voltata verso di lei. Prende due pinze in metallo, le aggancia ai miei capezzoli. Mentre lo fa, avvicina le labbra alle mie e mi parla, “mi desideri?” dice, le faccio segno di si con la testa.
“bene. Perché la tua punizione è anche questa. Non mi avrai.”
Mentre mi parla stringe sempre di più i miei capezzoli, e io non so come riesco a non venire.
Una volta posizionate le pinze, inizia a darmi dei pizzicotti sui capezzoli turgidi. Ogni pizzicotto è una scossa, come se esistesse un cavo dell’alta tensione collegato al mio clitoride. Stringo le gambe, istintivamente cerco di toccarla mentre lei continua a torturarmi. Le mie mani sono bloccate, e con fare quasi soddisfatto mi guarda negli occhi e mi dice “questo non dovevi farlo”.
Mi volta rapidamente, assestandomi altre due sberle sul culo, ormai livido.
Ora i miei polsi e le caviglie sono legati, talmente stretti che sono costretta a schiacciarmi contro la croce di legno. Se mi muovo troppo, le pinze dei miei capezzoli toccano il legno ruvido e mi tirano forte… sono in trappola.
Sento Erika dietro di me, ha afferrato qualcosa con questo oggetto mi accarezza la schiena… è liscio, ha tante estremità… sembra di pelle. Ma non ho tempo di riflettere.
“Ora Silvia entreremo nel vivo del gioco. Ricorda, se è troppo… PESCA. Hai capito?”.
Io rimango immobile, un po’ perché sono sopraffatta dalla situazione e un po’ per paura di farmi male ai capezzoli.
In quel momento percepisco la prima frustata.
È forte, secca… mi arriva dritta sul fianco e fa male. Fa male da morire e io non capisco perché tutto questo sia così eccitante.
“ti ho fatto una domanda.” dice.
Questa volta rispondo rapida “sì, ho capito.”
Un’altra frustata, sull’altro fianco “ho capito, e poi?”.
Cerco rapidamente di capire cosa voglia da me la mia signora… ma sono sempre troppo lenta, e sento un altro colpo, questa volta sul culo ancora irritato da prima.
Poi capisco.
“si, ho capito mia signora” dico.
Riesco quasi a vedere il suo volto, anche se non la sto guardando. Sorride compiaciuta, ed inizia il suo gioco.
Una, due, tre, quattro frustate. Sui fianchi, sulle cosce, sul culo, sulla schiena. Ogni volta brucia, ogni volta fa male, ogni vola godo da matti… mi sento sempre più bagnata, i capezzoli duri sfregano con il legno ruvido della mia croce… dopo un tempo indefinito sento le gambe farsi più deboli, la mia signora se ne accorge.
Mi slega, mi fa sedere su un divanetto accanto a lei e porta il suo braccio sopra le mie spalle. Non mi sembra vero di poterle star così vicino. Mi sento così bagnata, così gonfia. Inizia a togliermi le cinghie, e poi le pinze… le strattona via, facendomi sussultare. Poi mi parla…
E. “sei stata brava, credo di poterti premiare ora”.
Riprende il flogger, mi allarga le gambe ed inizia a sfregare l’impugnatura sui miei slip fradici, toccando la mia clitoride ormai gonfia.
Lo sfrega, preme forte e io non riesco a stare immobile “te lo sei meritato mia piccola creatura, sei stata brava” io riesco solo a sussurrare “si mia signora, si”.
Impugna il flogger, e inizia a sbattere le sue code delicatamente sul mio pube.
Una volta due volte, tante volte… sto per impazzire e lei lo sa. A quel punto non resisto più “mia signora ti supplico, fammi godere. Ti prego Erika”.
Lei sorride, si mette sopra di me e mentre mi sbatte in faccia la sua scollatura con il suo seno nudo, mi infila una mano tra le gambe e preme con il suo dito sulla mia clitoride, scendendo fino all’apertura ed infilando un dito dentro. Me lo porta alla bocca “ecco, finalmente hai implorato”.
Riprende a massaggiarmi, ogni tanto infila un dito dentro di me e io sono così bagnata… ad un certo punto scende con entrambe le mani, una la porta sotto il mio culo e con l’altra mi penetra mentre mi massaggia la clitoride.
La mano che prima mi stringeva il culo sento che si muove, si bagna un po’ grazie al piacere che mi cola ovunque e poi sento un dito che entra nel mio culo.
Per me quella è la fine, vengo talmente forte che tremo.
In quel momento tutti spariscono, le persone, le luci, il locale… sparisce la cera, le pinze, il dolore. C’è solo lei.
A fine serata mi accompagna all’uscita del locale, e mi saluta con un bacio sulla fronte.
Con voce piena di speranza le chiedo “potrò tornare, mia signora?”.
“tutte le volte che vorrai”…
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