Un nuovo ospite con un nuovo racconto.
Questa volta tocca a Vittoria, un’altra mia follower di Instagram.
Vi auguriamo insieme una buona lettura.
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Alto. Moro. Occhi verdi. Fisico da urlo.
Queste le caratteristiche dell’uomo che entrò, un martedì pomeriggio d’estate, nel negozio dove da qualche mese lavoro per non pesare completamente sulle spalle dei miei, mentre studio giurisprudenza a Bologna. Mi pagano poco, ma in realtà è anche poco quello che mi danno da fare: aprire gli scatoloni di prodotti che arrivano dai fornitori, sistemare tutto sugli scaffali e pulire il negozio dopo l’orario di chiusura. Le consegne avvengono il mattino quindi di solito trovo già tutto pronto, lì ad aspettarmi nel retro bottega, ma quel giorno doveva essere sorto qualche problema, perché, verso le 19, mi ritrovai il sexy corriere a due centimetri dalla faccia quando mi girai avvertendo una presenza alle mie spalle.
“Ciao. Devo fare una consegna posso dire a te?” mi chiese sorridendo, mostrando un’altra sua splendente qualità. Rimasi a fissarlo per qualche istante, imbambolato, per poi destarmi con un: “Ciao.”
Mi guardò, in silenzio, aspettando una mia risposta.
“Scusa… io… certo puoi lasciare a me” dissi notando che non c’era nessuno alla cassa e sentendo la voce di Melissa in lontananza, segno che probabilmente era con un cliente nella parte opposta del negozio.
Mi allungò una sorta di palmare dove firmai nel modo migliore che potei, quindi uscì dal negozio e rientrò poi con due grossi pacchi bianchi.
“Grazie mille. Alla prossima” dissi, pentendomi subito delle mie parole.
Mi sorrise, mi salutò e se ne andò.
Passarono settimane prima che potessi rivederlo, ma la fortuna volle che un giorno Melissa si ammalò e mi chiesero di fare doppio turno, promettendomi di pagare molto più del doppio per convincermi sapendo quanto fossi restio a saltare le lezioni. Non potrò mai ringraziarli abbastanza, e non solo per i soldi.
Alle 11.32 la porta gialla si aprì regalandomi per la seconda volta quella visione celestiale che era il misterioso fattorino. Dentro si stava accendendo un fuoco, ma all’esterno cercai di mantenere la calma sorridendo gentilmente come facevo con chiunque altro cliente.
“Ciao” dissi, senza accennare al nostro precedente incontro, visto che lui era stato spesso nei miei sogni, soprattutto quelli più piccanti, ma per lui io ero solo una delle migliaia di persone che incontra per il suo lavoro.
“Ci rivediamo finalmente” disse.
La sua risposta mi colse impreparato. Come faceva a ricordarsi di me?
Che avessi fatto centro finalmente?
“La settimana scorsa avevo addirittura chiesto di te alla ragazza che mi ha accolto.” continuò “Ci ha messo un po’ a capire di chi stessi parlando, ma quando ho accennato agli scaffali tutto le è stato più chiaro” Rise.
E siamo a sei, sei cose che mi fanno impazzire di lui.
“Mi ha detto che ci sei solo il pomeriggio tardi, ma eccoti qua.”
“La mia collega è malata. La sostituisco. Doppio turno.”
“Mi dispiace, per lei, un po’ meno per me” fece una pausa abbassando lo sguardo un attimo per poi alzarlo e puntarmi i suoi smeraldi addosso “Ti va di vederci? Domani?”
Ancora ammaliato dai suoi occhi e scioccato da tutto ciò che stava accadendo attardai a rispondere e quando mi ripresi annuii semplicemente, senza proferire parola.
“È un sì?” mi chiese divertito
“Sì… Sì! Assolutamente. Dove?”
“Hai un foglio e una penna?”
Glieli passai; iniziò a scrivere un numero di telefono e poi quello che pareva un indirizzo, per poi girarlo e farmelo strisciare davanti.
“Ci vediamo domani alle 22” e se ne andò.
Alle 21.55 ero all’indirizzo da lui indicatomi. Era un palazzo antico, situato in una traversa non lontana da Piazza Maggiore. Sotto i portici c’era un portone di legno massiccio e a lato molti campanelli.
Nel momento in cui ero rimasto solo nel negozio mi ero reso conto che non ci eravamo nemmeno detti in nostri reciproci nomi, tanto meno i cognomi, quindi non sapevo che campanello suonare. Aprii la rubrica dove lo avevo salvato ‘sexy boy’ e cliccai il tasto verde. Rispose subito e dopo un secondo il cancello si aprii.
La porta a sinistra del piano terra era socchiusa e si intravedeva la luce all’interno.
La scostai e chiesi permesso e subito il ragazzo misterioso si materializzò: aveva una maglietta che lo fasciava e faceva intravedere i pettorali sottostanti, jeans strappati sulle ginocchia ed era scalzo.
Appena mi vide mi venne incontro e mi baciò prendendomi la testa con entrambe le mani e ruotandola un poco per assalire al meglio la mia bocca. Rimanendo sulle mie labbra, o meglio nella mia bocca, cominciò a sollevare la maglietta e a tastare l’addome, sorridendo sentendo che anche io andavo in palestra di tanto in tanto. Si staccò un attimo per togliermela del tutto e togliersi la sua dopo un attimo. Rimasi incantato a fissare il suo corpo perfetto, abbassando lo sguardo fino al basso ventre.
Notando il mio interesse per quella parte del suo corpo mi avvicinò le mani ai suoi pantaloni e mi invitò a toglierglieli, con il solito sorriso che già popolava le mie nottate migliori, sia da addormentato che non.
Gli sbottonai i jeans e glieli tirai giù avventandomi presto sul suo inguine, oramai privo di inibizioni. Mi inginocchiai e gli spostai i boxer per ammirare la sua erezione che mi stava già aspettando. Lo presi in bocca, fino in fondo godendo come se lo stessero facendo a me. Sentii la sua mano tra i miei riccioli che mi accarezzava e un po’ tirava.
Feci il miglior pompino della mia vita, sentii la sua mano che tirava più forte e le sue gambe che tremavano un poco vicino al mio volto. Inghiottii godendomi la sensazione del liquido che scorreva giù lungo la gola e poi mi tirai su per ritornare sulle sue labbra. Cominciò a slacciare i miei di jeans, sempre impegnato con la lingua, spostandomi, nel frattempo, verso un’altra stanza che riconobbi come la camera da letto quando accese la luce, tutto senza togliere le mani e la bocca di dosso, con gli occhi chiusi: doveva essere routine per lui.
Mi sbatté sul letto e mi salì sopra a cavalcioni, facendomi rendere conto di quanto sembrasse ancora più alto da quella prospettiva. Cominciò a baciarmi il collo, spostandosi poi sull’addome, sul basso ventre, arrivando all’inguine, all’ interno cosca; ogni nuovo bacio era una scossa che mi scendeva lungo la nuca, giù per il collo e la schiena. Meraviglioso.
Mi tolse i boxer, mi baciò l’erezione e poi d’ improvviso mi girò sulla pancia, con un unico movimento come se fossi fatto d’aria, si allungo su di me, ma poi sporse la mano verso una dei cassetti del comodino tirando fuori una scatola di preservativi.
Percepivo i rumori in modo diverso, sentii il suono della bustina aperta, quello del preservativo che viene tirato fuori dalla viscida confezione e viene srotolato sul pene del grand’uomo che mi stava addosso. Quest’ultimo si sporse di nuovo verso un dispenser verde con dentro un liquido gelatinoso che fece scorrere sul mio ano, per poi penetrarmi con un dito, cominciando a massaggiarmi l’apertura.
A quel dito se ne unì un altro e io già cominciavo ad essere alquanto eccitato, quando all’ improvviso tolse le dita e, dopo che i miei gemiti si stavano cominciando a placare, mi penetro con il suo enorme membro provocandomi un suono primitivo, e un turbinio di piacere al pene.
Cominciò a spingere, aumentando progressivamente il ritmo, tenendo le mani sui miei fianchi, fino a farmi raggiungere un orgasmo appagante e sonoro. Anche lui venne si svuotò dentro di me, per poi uscire e sdraiarsi sulla schiena nella parte opposta del letto.
Ripresomi dal meraviglioso amplesso, mi spostai sopra di lui e lo baciai, accarezzandogli il pene ormai libero dal condom.
“Comunque io sono Lorenzo” gli dissi staccandomi dalle sue labbra, ma non dal suo membro.
“Sebastiano” disse, con il respiro accelerato.
“Dobbiamo replicare un giorno”
“Perché aspettare un giorno?” disse spostandosi su di me e venendo sulla mia pancia.