Ormai quasi 3 anni fa feci già una prima intervista legata la BDSM ad Ayzad.
A distanza di questi 3 anni ho deciso di approfondire tramite questo blog l’argomento sadomaso.
Come ho già scritto e sottolineato qualche volta, moltissimi miei racconti hanno dei chiari riferimenti al BDSM.
Ho deciso infatti di fare interviste a vari esperti del settore e non solo.
Qualche settimana fa ho pubblicato l’intervista di Anna, ragazza disabile e mamma di Ahh sì, uno shopping on line di sex toy e oggetti per il bdsm.
Oggi l’intervista che leggerete ha come protagonista Shakner…
Scopriamo insieme chi è!
Chi è Shakner?
Shakner è il nome di quella parte di me che ama e vive il bdsm. Forse per descrivermi dovrei dire cosa è il bdsm per me: iniziamo col dire che fondamentalmente è modo di comunicare ed esplorarsi, e non è una cosa che si può fare con chiunque: essendo un dialogo l’interlocutrice è per me importantissima.
Quando con una persona si riesce ad entrare in quella comunicazione davvero speciale è come creare un universo, quello che amo fare è entrarci e viverlo, navigarlo, plasmarlo. Un viaggio sensoriale e comunicativo.
Sarò pretenzioso ma per me il bdsm può in certi casi essere visto anche come una forma d’arte, nonostante quello che create, la vostra opera, viva solo per una bolla di tempo: dentro c’è tutto ed è comunque originata da un atto creativo per quanto poco ortodosso.
La cosa meravigliosa è che dentro quella creazione estemporanea ci state vivendo, inizia e finisce con voi due, ha una sua forma, una sua estetica ed è unica.
Ecco, Shakner è quella parte di me che ricerca questo, forse una forma di poesia nella sensualità. Il fatto che poi lo faccio con corde, fruste, candele o sguardi è del tutto accidentale.

Con le fruste hai un modo di muoverti molto elegante e con un fascino che ti contraddistingue fra tanti “whipper”, hai imparato con qualcuno o “ti sei fatto da solo”?
Mi sono “fatto da solo” per causa di forza maggiore. Quando ho iniziato ad usare le fruste nel mondo bdsm italiano non c’era nessuno che le usava, anzi non c’erano praticamente nemmeno le fruste, erano le prime che iniziavano ad arrivare dall’Australia.
Non essendoci nessuno che potesse insegnarmi o tutorial su internet ho dovuto mettermi ad improvvisare, cercare di capire come funzionasse, ed anche capire come esprimermi con questo strumento seguendo la mia personalità.
Quelli principali i motivi dietro al mio stile personale, che oggi è comunque un po’ cambiato avendolo “mescolato” con la tecnica più classica per quello strumento. Però in generale quello di essere coerenti con sé stessi e cercare la propria via, dopo aver imparato e capito la tecnica, lo ritengo un concetto sempre valido in qualsiasi cosa si faccia.
Come descriveresti la figura del Master?
Per me il Master è colui il cui compito principale è leggere l’altra persona. Credo che l’abilità sia nell’interpretarla in relazione anche con sé stesso e riuscire così a guidare il tutto nel modo migliore per entrambi. Andando controcorrente rispetto a quanto si legge in giro, per me Master non è la figura del Padrone, o almeno lo è secondariamente, per me Master deve essere soprattutto Maestro, nel senso di colui che ha una profonda conoscenza, una profonda competenza, abilità sviluppate con anni di impegno, esercizio e studio.
Insomma per me non si diventa Master da un giorno all’altro e sicuramente non a costo zero.
Se dovessi consigliare a una donna curiosa che vuole avvicinarsi al bdsm come sottomessa, quale pratica consiglieresti per iniziare?
Non esiste una pratica che vada bene per tutte, ma è meglio stare sul semplice iniziando sempre molto delicatamente. Ritengo che soprattutto all’inizio sia importante cercare capire quello che piace e quello che no, partendo dalle proprie fantasie, sperimentare da quelle in modo estremamente graduale e imparare ad interiorizzare le sensazioni.
Nessuna persona è uguale ad un’altra.
Oggi il bdsm sembra diventato molto standardizzato o almeno è presentato semplicisticamente così, per cui è facile, specialmente se si è inesperte, prendere per buono il cliché proposto e magari poi sentirsi inadatte.
Prima di partire parlate e raccontatevi il più possibile, confrontatevi con tante persone. Non fatevi isolare e diffidate da chi vi dice di sapere quello di cui avete bisogno quasi senza conoscervi.
Qual è la pratica più estrema che ti è stata proposta alla quale hai detto no?
Non credo alla definizione di “pratica estrema”, ovviamente se la cosa è sensata e ci sono le competenze per farla. Certo ci sono cose che non faccio, ma perché non le sento mie o non le sento adatte a quella situazione o a quella persona.
Più che alle pratiche dico no a certi atteggiamenti e impostazioni mentali che ritengo esterni al bdsm.
Ad esempio una volta mi fu chiesta una fustigazione a sangue “perché voglio espiare”, oppure chi non è interessato ad un dialogo ma vuole solo provare a manipolarti magari con un atteggiamento di sfida per portarti a fare quello che interessa solo a lui ed al suo masochismo.
Ecco questi sono i casi in cui dico no.
Sono più gli uomini o le donne a proporsi di “giocare” insieme?
Tipicamente le proposte arrivano soprattutto da donne, la situazione in cui qualche altro Master mi chiede di collaborare con lui capita ma è decisamente più rara, anche perché non è la mia, io amo essenzialmente il gioco a due. Sarà poi che è risaputo che sono etero e quindi uomini soli col ruolo bottom non si propongono quasi mai.
Se dovessi consigliare a un uomo curioso che vuole avvicinarsi al bdsm come Master, quale pratica consiglieresti per iniziare?
Da una parte vale lo stesso discorso che vale per la sottomessa: conoscersi, sperimentare e capire quello che si cerca.
Qui la situazione è però più complicata, occorre anche molto studio per capire quello che si vuole fare, come farlo, e le possibili conseguenze. Insomma se vuoi delle responsabilità devi saperle gestire.
La cosa migliore è anche rivolgersi quando possibile a persone più esperte che possono aiutare ad evitare tanti errori. Quando vogliamo imparare qualcosa cerchiamo chi la sa fare e chiediamo: è una cosa importantissima.
Un atteggiamento sbagliato che vedo spesso tra che chi si approccia con ruolo dominante, è pensare sia sminuente dire che non sa fare qualcosa e deve imparare. Questo è un atteggiamento sbagliato e molto pericoloso. Non c’è nulla di male ad essere allievi di qualcosa e approcciarsi con la giusta umiltà.
Da cosa si compone la borsa del Master?
Naturalmente esattamente da quello che gli serve.
A parte le battute considero la cosiddetta borsa un po’ come la scatola dei colori. Quali servono dipende molto da quello che si vuole realizzare e soprattutto dalla persona con la quale ci apprestiamo ad interagire.
Non è che tutto va bene sempre e comunque.
Io mi pongo sempre la domanda: cosa mi ispira questa persona, quali reazioni avrebbe a questa cosa? Cosa proverebbe? Ma soprattutto: cosa voglio dirle? Sarà per questo che tutte le volte che mi sposto sembra un trasloco e poi alla fine uso si e no il 10% di quanto a disposizione.

Se dovessi consigliare un buon modo per avvicinarsi all’ambiente cosa consiglieresti?
Gli consiglierei di lasciare un po’ da parte internet almeno all’inizio e incontrare persone, parlare con loro per capire realmente questo mondo.
Gli consiglierei di frequentare gli eventi, a partire dai munch che offrono sicuramente un impatto molto tranquillo.
Di leggere molto e di chiedere, chiedere, chiedere.
Oggi abbiamo una comunità bdsm e questo è un grossissimo vantaggio per chi si approccia, anche se purtroppo la cosa non viene sempre colta. Quindi il mio consiglio è: usate la comunità.
Anni fa insieme ad Ayzad hai dato il via al Sadistique, uno dei Play Party più conosciuti in Italia… come nacque l’idea di questo evento?
Come sempre le cose nascono quando è il momento giusto.
All’epoca si era agli inizi, erano pochi anni in cui si iniziavano ad organizzare party bdsm, una delle caratteristiche fino a quel momento era che le persone non giocavano spontaneamente, occorreva sempre organizzare dell’animazione per rompere il ghiaccio, altrimenti tutti si limitavano a stare seduti a guardarsi: non si era abituati ad andare ad una festa a giocare.
Io ed Ayzad arrivavamo dall’organizzazione di un party bdsm, il myRevolution, che aveva portato questo aspetto all’eccesso, organizzando dei veri e propri spettacoli bdsm che duravano anche oltre l’ora con decine di persone che collaboravano e un copione rigoroso.
Esaurita quell’esperienza, che durò circa un anno, pensammo che i tempi fossero maturi per provare ad organizzare una festa dove non ci fosse nessuna animazione, ma che fosse centrata sul gioco spontaneo dei partecipanti, insomma un playparty.
L’occasione fu che nel mentre ci fu offerto di collaborare a rilanciare una festa che si teneva la domenica pomeriggio. Prendemmo l’occasione la volo e nacque il Sadistique che decollò quasi subito.
Oggi i tempi sono cambiati ancora e quindi anche la formula della festa è stata in parte riscritta, ma siamo contenti che continui ad essere un grande successo e soprattutto che attiri sempre più persone dall’estero, cosa atipica per una festa italiana.