Ecco un nuovo racconto erotico, a scrivere è un mio lettore e follower.
Questo volta è Francis Sperelli a scrivere un suo racconto ftm.
Elegante, diretto, pieno di dolore e amore per se stessi… ecco una prima parte di una bella storia.
Vi auguriamo insieme una buona lettura.
______________________________________
Ricordo ancora la prima volta che ho fatto l’amore con me stesso.
Tornavo a casa dopo l’ennesima giornata di lavoro, leggiadra come il cemento.
Il mio corpo mentiva ancora al mondo, mentre l’uomo era nascosto dietro una carne troppo morbida e parlava con una voce da soprano.
Avevo da tempo rinunciato a correggere i colleghi che usavano il femminile: se la marea ti va contro, tu non puoi combatterla, mi dicevo.
Mi limitavo ogni giorno a sopravvivere, tra mail dei clienti a cui dovevo tempestivamente rispondere, cene con i colleghi così piacevoli che uno spillo sotto le unghie era una piuma in confronto e in compagnia della mia unica amica in Portogallo, la solitudine.
Una sera vidi una figura minuta e leggiadra, dagli inconfondibili capelli lunghi e rossi sul pianerottolo di casa.
Il fuoco dentro il grigio e freddo casermone in cui abitavo: Daniela.
Era sulla porta e mi aspettava, accanto a lei uno zaino, un’enorme valigia e pure una borsa. Mi maledissi in silenzio, avevo dimenticato che sarebbe venuta a Lisbona per l’Erasmus.
<<Mi saluti così, con il muso che ti arriva a terra?>> mi rimproverò, la bocca piegata in una smorfia.
<<E’ stata una giornata da dimenticare.>> replicai, cercando di non soffermarmi troppo sul neo che le macchiava il labbro superiore.
Abbiamo tutti un’amica che vedremmo molto bene vestita della sola pelle sul nostro letto. O in campagna, avvinghiata tra te e il suo fidanzato. O in una gangbang a Ferragosto.
Ecco, Daniela era quel tipo di donna con cui volevo esprimere la mia animalità. Se non fosse stato per i miei troppi centimetri in meno nelle mutande.
<<Per te sono sempre giornate da dimenticare, Mauro.>> sospirò mentre mi abbracciava.

Cercai di non immergermi nel profumo di sandalo e lavanda dei suoi capelli e aprii la porta del mio minuscolo appartamento di allora: l’ingresso dava direttamente sulla cucina con la lavatrice sotto il lavello. Accanto c’era un minuscolo salone dove troneggiava un frigorifero dell’anteguerra e un divano. Di fianco al salone c’era la mia camera: bastava aprire la porta e potevi sdraiarti sul letto.
<<Ti ho portato un regalo.>>, mi disse Daniela dopo cena, consegnandomi un pacchetto foderato di carta nera.
<<Non è ancora il mio compleanno.>> risposi, perplesso.
<<No, ma vedrai che avrai presto modo di esultare!>>, rispose maliziosa, <<Dai, aprilo!>>
Scartai la carta regalo, la confezione non riportava alcun marchio. L’aprii e trovai carta di giornale appallottolata. Rovistando, trovai un oggetto simile al dito di un guanto tagliato e arrotolato su se stesso, fatto di silicone morbido. L’interno presentava dei rilievi ruvidi.
Alzai un sopracciglio in direzione della mia amica, che rispose seraficamente: <<Sono trent’anni che vivi in un guscio aspettando l’occasione ideale per uscire fuori. Così ho pensato che un masturbatore per uomini transgender potesse darti un po’ di sollievo.>>
Pensai che fosse uno scherzo di pessimo gusto. Avvertii un ronzio prima sordo e poi sempre più crescente, mentre l’ansia tamburellava le sue dita lungo il cranio e scariche elettriche pulsavano lungo le viscere.
Daniela intuì il mio attacco di disforia, perché corse ad abbracciarmi: <<Mauro, non è colpa tua essere nato con la vag…femmina. Hai fatto un passo enorme dichiarandoti all’azienda e ai colleghi, ma hai bisogno di darti pace.>>
<<Non riesco più a toccarmi, provo disgusto per me stesso.>> risposi, nascondendomi il viso tra le sue braccia.
<<Ascoltami bene…>> rispose lei tagliente, obbligandomi a guardarla dritto in faccia, <<…ti ho conosciuto quando eri ancora Patrizia e scopavi il tuo ex. Non mi sembrava che fossi così disgustato del tuo corpo allora!>>
Dovevo aver alzato di troppe ottave la voce, perché vidi la mia amica indietreggiare. Ho sempre odiato la schiettezza di Daniela e questo mi accomuna ancora oggi a tutti gli uomini biologici: quando una donna mette in luce i nostri limiti e le contraddizioni, l’animale che ci portiamo dentro ringhia.
Avevo ricordato il sudore di Marco sul mio corpo, i denti che affondavano sulle mie cosce, il suo membro fiorirmi in bocca e il mio corpo esultare contro il suo.
Patrizia non era mai andata via e la sua vita era indissolubilmente intrecciata alla mia. Ed entrambi ci odiavamo per questo.
<<Non sopporto di essere un uomo con un orgasmo femminile.>> sussurrai a Daniela, <<Scusami per averti spaventato.>>
La sua mano scivola tra i miei capelli, passeggiano come un uomo libero in un campo di grano che deve ancora maturare. Rimaniamo assorti, estranei l’uno all’altro, finché lei non mi sussurra:
<< Posso solo immaginare i tuoi spasmi di dolore e spesso non ho capito le tue insicurezze, ma sono certa che sono accadute per trasformarti. Non sei mai stato così pronto come adesso a fiorire.>>