Chi è Gratia Plena e dove nasce la passione per il bdsm?
Difficile definirmi.
La mia personalità è alquanto poliedrica e Gratia Plena è solo una delle sue tante sfaccettature: quella artistica.
La passione per il bdsm è una delle numerose scoperte del mio viaggio personale, iniziato in giovanissima età, attraverso i sentieri dell’erotismo e dei suoi misteri, ossia attraverso me stessa.
Mi piace definirmi una dominatrice non convenzionale.
Fondamentalmente sono alla continua ricerca del lato più sano dell’edonismo e la mia soddisfazione è creare e condurre con grazia il gioco più vecchio del mondo.
Raccontaci il tuo percorso di crescita.
L’erotismo estremo mi ha sempre affascinato, sin dall’adolescenza.
Sono nata curiosa e ho avuto la fortuna di vivere la mia sessualità liberamente e appieno, senza pregiudizio ne moralismo. Ho cominciato il viaggio della consapevolezza negli ambienti queer torinesi del Caffè Leri, per poi scoprire e frequentare le audaci feste swinger ed infine trovare stabilità nel bdsm, nel ruolo di switch.
Ho sempre trovato intrigante il ruolo dello switch. Da appassionata divulgatrice del libertinaggio etico non posso non provare empatia verso chi non ama farsi mancare nessuna forma di piacere.
Pertanto anche la sottomissione ha fatto parte di me all’inizio. Sentivo quasi doveroso assorbire prima tutte le sensazioni sulla mia pelle, passare dal pianto al riso e abbandonarsi al dolore quando il corpo era pervaso dalle endorfine.
Sono stati passaggi importanti per acquisire maggior consapevolezza e capire che il ruolo di dominante era quello a me più affine; lasciarsi andare è bellissimo, ma creare e condurre il gioco mi appaga di più che abbandonarmi ad esso.
Se ogni tanto sento ancora il bisogno di essere dominata? Certamente. Ma solo più in forma privata ed intima, strettamente legata ad un amplesso amoroso e non più a livello di gioco tra anime selvagge e avventuriere.
Vivo il mio lato switch come ho sempre fatto, da persona fiera e libera: il dominante è colui che fa quello che desidera, sempre.
Come descriveresti la scena sadomaso in Italia?
La scena bdsm è attiva e sempre in continuo cambiamento. C’è ancora tanto lavoro da fare, ma sono convinta che sarà solo questione di tempo, la mentalità è destinata a cambiare col crescere delle esigenze legate alla consapevolezza.
Sono tante le persone di passaggio in questo ambiente. Ognuno lascia qualcosa di sè nel bene e nel male e chi resta cerca di fare del suo meglio.
Sussiste una certa differenza (e talvolta anche qualche sano contrasto ideologico) tra i praticanti delle nuove generazioni e quelli della vecchia scuola. I primi più vivaci e dai ruoli fluidi, abituati ad entrare subito in contatto con luoghi e persone, a vivere le esperienze presto, con impeto e anche con l’incoscienza tipica dei vent’anni, con un’apertura mentale sempre crescente; i secondi invece dai ruoli più definiti e dal carattere meno incline al compromesso: comprensibile per chi ha vissuto in un periodo storico che non lasciava molto spazio alle pulsioni e il bdsm era un tema piuttosto tabù.
Trovo non sia diverso da qualsiasi altro ambiente. Ci sono bravi maestri e cattivi maestri, saggi e furbi, falsi e onesti, giovani e vecchi, comari e discreti, belli e brutti, i detentori della summa del bdsm autentico e gli indipendentisti ribelli. C’è chi vorresti avere nella tua vita per sempre e chi speri sia solo di breve passaggio.
Ho visto nascere delle vere e proprie famiglie di gruppi di persone che si vogliono bene davvero.
Ho assistito a divorzi dolorosi e alla nascita di legami sinceri, di comodo, di noia o di amore.
No, non è per nulla diverso dal resto del mondo a livello di fauna.
L’aspetto che per me rende speciale questo ambiente è che tutte queste anime sono unite dallo stesso intento: fare del buon sadomaso.
L’intenzione è sicuramente divertente, pertanto lodevole.
Quali sono i tuoi consigli per una donna che vorrebbe esplorarsi come dominatrice?
Trovo sia importantissimo divertirsi in modo consapevole, non essere legati alle strutture tipiche dei ruoli e circondarsi di persone intelligenti e capaci di lasciare qualcuno libero di viversi. Poi, come per tutte le vicende della vita, è indispensabile trovare dei bravi maestri e apprendere da loro.
Ma prima di ogni cosa, è necessario imparare a compiacere prima noi stessi. Chi compiace se stesso non è interessato alla tuttologia e sa dire di no.
Ovviamente ci si renderà presto conto che non si potrà mai piacere a tutti, ma questo non deve ferirci.
Consiglio alla donna che desidera esplorarsi come dominatrice di amarsi e di amare, perchè solo chi ha un profondo rispetto per le persone può permettersi di “giocare a mancare di rispetto”.
Qual è la pratica più estrema che ti è stata proposta alla quale hai detto no?
Trovo più saggio parlare di pratiche sicure e pratiche non sicure, più che di estremo.
Ho detto di no quando non ritenevo sana e sicura una proposta di gioco perchè il rischio era troppo elevato in termini di lesioni permanenti o di danni a terzi.
In generale, dico di no a tutte quelle dinamiche che non riesco a prendere sul serio perchè non le trovo per niente sensuali, eleganti o stimolanti.
Ho una concezione nobile della dominazione femminile e l’ultima cosa che voglio è sforzarmi di essere quello che non sono per mera accondiscendenza.
Con una persona desidero passare del tempo gradevole, vorrei concludere una sessione con un sorriso e con la voglia di ripeterla. E questo mi porta a dire spesso di no.
In qualità di Mistress, qual è la tua pratica preferita?
Dipende da cosa mi comunica la persona che sceglie di offrirmi la sua pelle affinchè io possa metterci mano e iniziare a creare.
Del feticismo apprezzo la sua straordinaria intimità. I brividi della lingua di un uomo sotta la pianta del mio piede. Le espressioni del volto e la tensione sempre più smorzata del corpo quando la mente inizia a viaggiare lontano. L’erezione che cresce col solo odore della mia pelle.
Sono estasiata dal rituale della negazione del piacere e della sua concessione.
Del sadomasochismo apprezzo il dolore e la sua inevitabile erotizzazione.
Ovviamente anch’io ho le mie preferenza, amo soprattutto le fruste a coda singola. Strumenti eleganti, complessi, dolorosi e meravigliosamente comunicativi.
Non ricerco la pratica in sè durante un incontro, il mio interesse è rivolto alla scoperta del lato più vero di una persona: la sensualità dell’abbandono.
Poco importa se per farla emergere dovrò impugnare una frusta, indossare uno strap on o basterà semplicemente scoprire una caviglia.

A un uomo sottomesso quali sono le cose che consiglieresti per approcciare a una mistress? Cosa assolutamente non è carino fare e cosa invece è molto apprezzato?
Non posso parlare a nome di tutte le mistress, ma dal canto mio posso dire che desidero anche essere affascinata e sedotta con classe e licenziosa maturità da un uomo.
Forma e sostanza sono indissolubili e i modi sono molto importanti perchè l’erotismo, anche se estremo, non è mai volgarità.
Suggerisco all’uomo che desidera la dominazione femminile di non associare mai la Mistress ad un trofeo da conquistare, ad una sfida da vincere, ad un’amante per le voglie bizzarre o ad una donna comune che lotta con suo “dover essere” agli occhi del mondo.
La figura della Mistress appartiene ad un altro piano e tocca corde diverse, legate ad altre forme di emozioni, più oscure, personali ed intime.
Esserne consapevoli e capirne la differenza è già un primo passo.
Se dovessi consigliare a una persona il miglior modo per avvicinarsi all’ambiente cosa consiglieresti?
Le motivazioni che spingono una persona a bussare a determinate porte sono molteplici e non sempre perfettamente chiare all’inizio.
L’importante è essere onesti e coerenti con se stessi.
Ammettere di essere anche solo curiosi e lasciare che il bdsm e la sua comunità siano solo di passaggio nella propria vita è una motivazione molto sensata.
Consiglio a chi si approccia per la prima volta al bdsm di non considerarlo una cura per irrisolti personali, espiazioni assurde o frustrazioni da sfogare, ma di aver maturato abbastanza capacità di lettura e senso critico per distinguere una brava persona da una cattiva persona, di documentarsi, di leggere, di non avere mai il timore di chiedere, di partecipare attivamente agli aperitivi e ai playparty così da osservare da vicino, toccare con mano e divertirsi, divertirsi tanto!
Prendere tutto questo con la giusta dose di leggerezza è importante per favorire la complementarietà e il confronto, placare presto la sete di curiosità e, finalmente, scegliere cosa rende più felici.
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