Oggi Plug The Fun ospita un personaggio esuberante, eccentrico e completamente fuori dagli schemi… che infondo nasconde un cuore tenero (anche se non lo ammetterà mai).
Sto parlando di Daphne Bohemien, una delle Drag Queen più conosciute in Italia.
Chi è Daphne? Quando e come nasce?
Tutto è iniziato con un film, Party Monster (2003), che racconta di come puoi trasformarti non solo in chi vuoi, ma anche in cosa vuoi. Fare drag per me è stato super terapeutico, perché ho avuto un’infanzia e un’adolescenza terribili: sono sempre stata bullizzata, oltre altri 200 milioni di problemi. Ad un certo punto avevo bisogno di qualcosa che mi facesse incanalare tutte le emozioni, quindi ho creato Daphne.
All’inizio era super monster e creepy: sentivo la necessità di creare un mostro che facesse più paura dei mostri che avevo dentro. Avevo bisogno che la gente, almeno in quel momento, mi desse tutto il rispetto che non mi aveva mai dato prima.
Dovevo fare paura, perché volevo che gli altri, almeno quando ero in drag, avessero un po’ quel timore reverenziale. Poi sono cresciuta, ho risolto alcuni problemi e metabolizzato diverse cose, e il personaggio si è evoluto con me, è cambiato come sono cambiata io.
Ora ho un aspetto diverso, ho capito che posso essere anche comedy, e soprattutto ho scoperto che mi piace l’interazione con il pubblico, cosa che prima non mi interessava minimamente. E ho iniziato ad orientarmi nel sociale. Se prima il rapporto con il pubblico che assisteva agli spettacoli si limitava a: “Hey, guarda che sono su un piedistallo, due piani sopra di te”, ora lo vivo come una connessione di vitale importanza non solo per me, ma anche e soprattutto per gli altri.
Raccontaci un po’ il tuo coming out come Drag…
Faccio drag da quasi 9 anni, ma i miei genitori l’hanno saputo solo 2 anni fa. Pensavo che non lo avrebbero accettato, che non avrebbero capito. Poi però la cosa è diventata una parte talmente tanto grande e importante della mia vita, e dovevo dirlo a mamma e a papà, con cui ho sempre avuto un bel rapporto. Loro si sono rivelati come sono davvero: meravigliosi, super aperti e super supportive. E non avrei potuto chiedere di meglio.
Paradossalmente la preoccupazione da parte loro è stata maggiore quando ho detto a loro di essere gay. Il fatto di fare drag lo hanno sempre visto e lo vedono come un qualcosa di super circoscritto, di artistico, perché alla fine per me è lavoro. Certo, a volte quando devo spostarmi sono un po’ preoccupati, ma è normale per un genitore.
Essere gay, invece è completamente diverso: fa parte di te, se sei gay lo sei 24 ore su 24, e se hai un’estetica che è abbastanza impattante come la mia, puoi creare po’ di scompiglio. Da genitore ti chiedi cosa può succedere a tuo figlio o a tua figlia, perché comunque è un qualcosa di più grande.
Vivi nella città più attiva e flessibile d’Italia, Milano, se dovessi dare un consiglio a chi vorrebbe urlare al mondo “sono una drag” cosa gli diresti?
Milano ti dà talmente tante possibilità e opportunità che è veramente come se vivessi una città stato. È una bolla in cui esistono e convivono realtà talmente tanto diverse che riescono ad essere inclusive.
Milano è assolutamente top, e lo noto anche paragonandola ai posti in cui vivono le mie colleghe in cui la possibilità di fare drag è circoscritta nei locali in cui si esibiscono; io, invece, ho la possibilità di essere invitata ad eventi e sfilate, di partecipare a video musicali e spot pubblicitari.
Con la mia storia credo di poter aiutare chi non ha ancora il coraggio, o la forza, di fare coming out e di accettarsi per com’è, così come posso spiegare che, chi fa drag, non è una creatura “metà donna e metà troia” – perché sono queste le parole che vengono usate nei nostri confronti-. Ed è molto gratificante quando qualcuno che non ho mai visto prima, mi si avvicina o mi scrive sui social raccontandomi la sua storia perché si sente in sintonia con me.

Oggi sei molto attiva anche per fare divulgazione sull’HIV, hai fatto molte pubblicità ed eventi… un altro passo importante è stato il tuo coming out come sieropositiva… sicuramente molta gente lo nasconde ancora per paura del rifiuto, anche in questo caso che consigli daresti a chi soffre e per paura non dice nulla?
Ho scoperto di essere HIV+ 2 anni fa. La mia reazione è stata quella di reagire come reagisco di solito, ovvero sdrammatizzare. Quando mi hanno detto: “Sei risultato positivo all’HIV, alla sifilide e all’epatite”, ho risposto: “Quindi ho vinto un set di pentole!” (ride).
Non l’ho mai presa male, sapevo che tanto che c’era una cura.
Chiaramente non ero la persona più felice del mondo, perché ti dicono che hai una cosa che ti durerà per tutta la vita, però non sono mai caduta nello sconforto, e non ho mai pensato: “Oddio, la mia vita è finita”.
Ho iniziato subito la terapia, per questo sono a viremia azzerata, il che significa che non posso trasmettere il virus neanche durante rapporti non protetti.
Ci sono stati momenti più difficili di altri, specie quando mi chiedevo se mai, in futuro, avessi trovato una persona che si sarebbe fatta le paranoie. Sono stati momenti brevi, fino a che ad un certo punto mi sono detta: “Amo’, sai che c’è? Se la persona la trovi la trovi, se non la trovi va bene comunque, prenderai 72 gatti, che comunque sono meglio di un uomo, di base”. (ride).
Dopo 2 anni ho deciso di fare coming out sui social perché in quel momento ho deciso che come drag, come personaggio pubblico, potevo fare qualcosa e potevo arrivare a più persone. Questa cosa mi è servita molto, mi ha fatto crescere.
A chi vive quello che ho vissuto e sto vivendo io voglio dire che la tua vita non cambia: fai qualche esame in più ogni tanto e prendi una pastiglia al giorno. E sai che andrà tutto bene. La gente non può e non deve avere paura del giudizio degli altri solo perché c’è lo stigma per cui se hai “questa roba” chissà cos’hai fatto.
All’epoca facevo già controlli, perché avevo dei rapporti a rischio: per un certo periodo avevo diversi partner sessuali, e alcuni non li conoscevo neanche. Eppure ho preso l’HIV da un compagno a cui ero fedele. E quando gliel’ho detto, ha subito risposto che non era stato lui, che lui non aveva niente…
Ho sentito quindi l’esigenza di raccontarmi sui social, di dire: “Raga, io sono siero positiva, lo sono da anni, sto bene, e vi assicuro che la mia vita non è cambiata. E a voi a cui lo sto dicendo, non cambia nulla”. Certo, se lo dice solo Daphne non fa la differenza, ma se più persone iniziano ad avere la forza di ammettere che è davvero così, perché lo stanno vivendo, allora insieme possiamo fare la differenza. Ma mi rendo conto che è un passaggio molto delicato e difficile da fare.
Nel mio piccolo ho preso parte alla campagna #zerovirale, presentata da ASA – Associazione Solidarietà AIDS – Milano, in cui raccontiamo di come questo breve video di Daphne e di Max non sia virale, proprio come il mio virus. Perché non lo posso trasmettere.

Fai dei trucchi Top, l’ho provato sulla mia pelle, quante ore ci metti e a cosa pensi mentre passi tutto quel tempo davanti allo specchio nell’atto della tua “trasformazione”?
In media direi circa 2 ore, sicuramente dipende anche molto da quanto è complicato ciò che voglio realizzare, in alcuni casi il tempo necessario può aumentare esponenzialmente.
I pensieri in quelle ore sono piuttosto vari in realtà: c’è da un lato sicuramente la voglia di finire prima possibile e dall’altro quella di struccarmi completamente e rifare tutto dall’inizio perché considero il risultato non impeccabile. La verità è che esigo sempre di più da me stessa. Questo modo di pensare mi sprona molto, anche se visto da fuori può sembrare iper severo.
Progetti futuri?
In generale non vorrei limitarmi a fare la performance in discoteca, a lungo termine mi piacerebbe poter diventare un personaggio a 360 gradi.
Nel breve termine a causa di questa crisi sanitaria purtroppo tutti i miei progetti sono congelati. L’obiettivo ora è far sì che questa quarantena duri il meno possibile e una volta terminata la crisi, riprendere in mano i miei progetti prima possibile. Questa è la speranza più grande al momento.
[…] poi ci sono le nostre presentatrici: Ella Bottom Rouge, Valentina Iaia e Daphne Bohemién e la stage kitten più amata della storia Pina […]