Oggi il racconto erotico di Plug the fun lo scrive Stefania.
Se anche voi volete scrivere un racconto erotico e pubblicarlo sul blog potete inviarlo a: [email protected]
Aspettando i vostri racconti, con Stefania vi auguriamo una buona lettura.
_____________________________________
…. Da quel gettare la maschera, in un afosa domenica di luglio, tutto è precipitato in rincorsa.
Acuito dalla mia decisione di voltare pagina, ci siamo addentrati nel mondo a noi quasi sconosciuto dell’onestà cruda e senza filtri.
E dunque via a ruota libera, prima solo per messaggio, condividendo la follia dei nostri pensieri. Scambi di fermo immagini e trame che avvelenavano la nostra mente.
Non più singolarmente, ognuno perso nel suo delirio, ma complici l’uno dell’immaginario altrui. Costruzioni ardimentose e totalmente letterarie di situazioni, incontri. Alzare il livello del punto di rottura, mettersi costantemente alla prova, provocandosi, accendendo e alimentando le fantasie dell’altro.
E poi cedere.
Cedere al reale in una torrida settimana di agosto. Incontrarsi e fuggire in un parcheggio, vedere quanto vicini era possibile stare, cosi, a carte scoperte , dove alla fine ci siamo portati. E scoprire che non era possibile, stare vicini e consapevoli, senza cedere alla frenesia di un contatto, alla voglia di gettare le mani tra i capelli dell’altro, allo scontro di labbra e lingue.
Quante volte ho immaginato l’inferno solo sa, di aggrapparmi a quei maledettissimi capelli, di assaggiare la sua bocca e morderla, famelica.
Di sentire le sue mani prepotenti addosso, sul seno, tra le cosce. Respirare da vicino il suo odore, quello che per notti ho riprodotto nella mia testa.
L’eccitazione crescente ad appannare i vetri della sua auto, mentre la voglia di averlo pelle su pelle cancellava la ritrosia e l’insicurezza del farmi vedere da qualcun’altro, da lui, senza vestiti.
In quel momento tutto è passato in secondo piano, e senza rendersene conto ritrovarci avvinghiati sui sedili posteriori, con la sua bocca, le sue mani, il suo corpo, ovunque.
E Dio. Quella. Lingua.
Sentirne la scia sulla pelle, scivolare e farsi spazio tra le mie gambe, assaggiandomi, divorandomi.
Finalmente la visione, riprodotta milioni di volte in solitaria, della sua chioma là sotto, e poter intrecciare le mani nella grana dei suoi capelli assecondando i suoi tocchi, rincorrendo quel piacere proibito.
E. quel. Maledetto. Piercing.
Non mi era mai successo, mai, di provare piacere così.
Eppure.
Mi sono ritrovata al limite fino ad esplodere, con l’urgenza di poterlo assaggiare a mia volta, di sentire il sapore bagnato di me sulle sue labbra, leccare il sudore dalla sua pelle, e poterlo poi finalmente avere davvero nella mia bocca, prepotente.
Perdere la cognizione del tempo scivolandoci addosso, madidi, senza superare mai quel limite nonostante il desiderio quasi doloroso di volerlo dentro di me, a muoversi feroce, a riempirmi per potermi lasciar andare ancora e ancora, ansimando sulla pelle il suo nome.
E dirsi alla fine, la prossima volta.
Forse.