Un nuovo racconto erotico di Samar.
Se volete leggere il suo primo racconto lo trovare qui:
Continui a pretendere le mie preghiere, minacci di fermare il tuo impeto se non ti adorerò come un dio.
La sua intervista la trovate qui.
Il suo secondo racconto lo trovate qui.
L’ultimo racconto erotico lo trovare qui.
Vi auguriamo insieme una buona lettura.
Sappiate che questa lettura non sarà leggera…
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Piove, guardo fuori dalla finestra di quello che chiamerei un hotel a ore, se non sembrasse in tutto e per tutto un lazzaretto. Magari sono venuto qui a morire. Seduto con i piedi sul letto accarezzo le coperte a righe grigie, sudice del sudore di chi mi ha preceduto.
Uno come me non ha bisogno di lenzuola pulite. Di cosa ha bisogno uno come me?
Di un pasto caldo? No. Di avanzi? Nemmeno. Ho bisogno del tuo boccone sputato dritto per terra. La mia lingua lo raccoglierà con gratitudine, non prima di averlo lasciato raffreddare nell’attesa di un tuo cenno di consenso. Ho bisogno di essere accoltellato dal tuo disprezzo, da quello spregio che mi vorrebbe misero e mi fa sentire vivo.
Ecco il mio cliente, prende la sua attrezzatura dal bagagliaio della sua bella macchina. Spero che te la sfascino.
-Allora, raccontami chi sei.
Mi spiazza, non tanto per la domanda in sé ma perché è la prima cosa che questo cazzone ha da dirmi appena entrato in camera.
-Sono quello che vuoi che sia.
Rispondo senza troppo trasporto.
La curiosità gli muore negli occhi. Appoggia i suoi attrezzi ad una poltrona e sembra proprio pensare “che mi aspettavo da una puttana?”
Ma non lo dice. Avrei voluto gustarmi quelle parole, invece ne vengo ingiustamente messo in disparte. “Puttana” mi rimprovero da solo.
Apre i borsoni e dispone le luci a suo piacimento, saggiando la luminosità dell’aria. Mi guarda senza vedermi, sono un supporto, un docile trespolo per attirare la sua preda, lo scatto perfetto. Che noia.
-Bevi.
Un imperativo, finalmente. Mi porge una bottiglia di vodka a basso costo.
-Voglio vedere una puttana ubriaca barcollare nella sua lurida stanzetta.
Trattengo una risata. Gli servirà più di questo per farmi barcollare, ma sto al gioco.
Alzo lo sguardo dalla bottiglia e incontro i suoi occhi spalancati, le narici dilatate per una furia a stento contenuta.
-Stai ridendo di me?
Deve avermelo letto in faccia. “Picchiami”, penso.
-Bevi.
Scandisce gelido.
Quaranta minuti dopo sono brillo.
Mi sto ubriacando per forza di volontà, la stessa che ti fa evadere da una festa noiosa usando solo una penna a sfera e un gin tonic. Magari solo il gin tonic. Sono un po’ ubriaco va bene? Questo cazzone continua a scattare a vuoto. Mi annoio, voglio toccarmi. Comincio ad accarezzarmi attraverso la camicia, mi premo le mani sul petto per poi lasciarle scivolare maliziose verso il basso.
-Che stai facendo?
Finalmente si è staccato da quel maledetto obiettivo.
-Qualcuno ha pagato per sborrare. Se non vuoi farlo tu ne approfitto io.
Mi aspetto una risposta di rabbia, invece resiste nel fissarmi, quasi attonito. La sua faccia stupida mi eccita, aver ceduto il mio corpo a un imbecille qualsiasi mi scalda la pelle. Stringo nel palmo il cazzo, il pollice ne sfiora la punta bagnata.
Comincio a farmi una sega davanti ai suoi occhi. Il suo sguardo ha assunto un’espressione di sdegno, una sorta di antico orrore lo risveglia. Posa la macchina fotografica e si avventa su di me, afferrandomi per i capelli.
-Non devi fare così
Latra minaccioso, avvicinando il suo viso al mio.
-Allora fallo tu.
Suggello la frase infilandogli la lingua in bocca. Lui la rifiuta sputandomi in faccia, è di nuovo furioso, finalmente.
-Non puoi fare quello che vuoi
La voce gli trema, trattiene i miei capelli mentre combatte frettolosamente con la cerniera dei suoi pantaloni. Mi infila prepotentemente il cazzo in bocca, spingendo un pelo pubico sul fondo della lingua. Sento la bocca gratificata da quell’abbondanza di carne e godo nell’assistere ai ridicoli spasmi di piacere di quell’uomo che non voleva nemmeno toccarmi. Sbatte la mia testa contro il suo cazzo con foga, fa male. Fa male e sto per vomitare. Lui ignora i miei conati che si fanno sempre più rumorosi, finché il mio stomaco non rovescia il suo contenuto sul suo cazzo e sui suoi pantaloni eleganti.
Che disastro. Non mi succedeva dal mio primo ragazzo. Alzo lo sguardo e incontro un’espressione che non mi aspetto: è raggiante.
Il suo cazzo è in pieno vigore e la mia faccia sorpresa lo eccita. Si avventa sui miei vestiti come volesse salvarmi dalle fiamme, mi schiaccia con il suo corpo per sopprimerne l’incendio. Mi volta e il suo cazzo lubrificato di saliva e vomito scivola tra le mie natiche minacciando di affondare dentro di me. Preso come da un raptus si sporge ad afferrare la fotocamera, con una mano preme il suo cazzo tra le mie cosce, con l’altra scatta. Ho il cazzo duro per il preludio di quell’atto disgustoso.
Di questo ha bisogno uno come me, di essere scopato con il suo stesso vomito.
In una raffica di scatti il suo cazzo si immerge impietoso nella mia carne, provocando un rantolo di dolore che sarei fuori luogo a soffocare. Trascinato dalla risacca di quel tormento comincio di nuovo a toccarmi, ma questo non gli piace.
-Tu non puoi
Mi rimprovera mollando la fotocamera sul comodino.
-Sono io il cliente
Digrigna, stringendo le mani attorno al mio collo tanto improvvisamente da farmi tossire.
L’imbecille non sospetta neanche quanto questo mi faccia godere. Comincio a gemere di piacere per farlo incazzare ancora un po’.
Non sa più cosa fare con me, gli si legge in faccia. O forse mi sbaglio, perché non ha esitazione nel prendere il suo telefono e chiamare.
-Hai vinto una corsa gratis, offro io.
Poche parole e brevi coordinate.
Il mio cliente si rifiuta di rispondere alle mie domande e comincio a sudare freddo. Sto valutando le mie possibilità in uno scontro con lui. Azzardo ad alzarmi, determinato a raggiungere la porta.
-Non vuoi essere pagato?
Dentro di me sento un brivido, un ruggito che è voce di tutte le mie voglie insoddisfatte.
Non è ancora finita.
Dopo un quarto d’ora la camera 120 ha un nuovo ospite. Lo annuncia la bussata più tiepida che abbia mai introdotto una persona.
Mi osserva dalla soglia con ammirazione priva di lascivia, poi avanza verso di me tendendomi la mano.
È di bell’aspetto e amichevole, eppure le circostanze trasudano la parola “punizione”.
Il sospetto si incrementa nel notare la sua attrezzatura.
-Sei un fotografo anche tu?
-Sono un collezionista.
Mi sorride, i suoi occhi intensi mi pugnalano e so che “sì” sarà la mia risposta a ogni sua richiesta.
-Facciamo uno show?
La stretta del nastro adesivo intorno al petto mi tiene appiccicata l’anima addosso. Fatela vostra, sporcate la mia parte più sacra mentre allargo le sue cosce per voi.
Con gesti esperti il Dio Sole separa le mie gambe e le nastra in modo che restino oscenamente spalancate. Ride bonariamente del mio cazzo eccitato e chiede che venga inquadrato. Dall’altra parte della telecamera il mio primo cliente sembra aver ritrovato un suo posto.
Una volta immobilizzato, la mia bocca viene assaltata dalla lingua morbida e calda del mio amante. Sono febbricitante, non ho mai avuto un cliente tanto sensuale e mentre mi penetra con le dita lascio stare tutte le mie cazzate da masochista. Voglio solo un altro dito nel culo e lui me lo fa supplicare. Mi fa guardare in camera e aprire la bocca per accogliere il suo sputo, mentre asseconda con capriccio le mie preghiere. Gioca con il mio cazzo penetrandone l’uretra con un mignolo. Capisce subito che sono abituato e aumenta l’intensità della stimolazione.
Fisso con insistenza implorante il suo sesso, ho bisogno di averlo dentro di me.
Lui mi sorride.
-Vuoi il mio cazzo? Non devi chiederlo a me.
Il cameraman abbandona la sua postazione, tornando a sbottonarsi i pantaloni ancora sporchi di vomito. Tira fuori il suo cazzo e me lo appoggia in faccia, non si è nemmeno lavato dopo che me lo ha messo nel culo.
-Succhiamelo e prega.
A quelle parole la mia erezione ha un vivace spasmo e i due compagni non esitano a deridermi.
Il mio amante mi incoraggia accompagnando la mia testa verso il cazzo del cameraman.
Lo ingoio fino ad afferrarlo con la gola e comincio a sbavare preghiere mentre vengo penetrato energicamente da quattro dita.
-Stringiti i capezzoli
Mi ordina il cameraman. Eseguo. Mi gira la testa.
-Stai per godere troietta? Non te lo meriti.
Il cameraman mi tira indietro la testa, strofinandomi il cazzo sul viso.
-Ora apri bene gli occhi.
Il compagno mi tiene ferma la testa mentre il cameraman scuote il suo cazzo sul mio viso, finché uno schizzo ben diretto non colpisce le mie iridi. Il bruciore è intenso e non posso liberare le mani per pulirmi. Al mio bisogno di soccorso ricevo solo risate.
-Soddisferemo una richiesta per volta.
La voce gentile del secondo ospite ha assunto un’inflessione maligna.
-Ora pensiamo al tuo culo.
Vengo spinto sul letto, accecato, disorientato ma pronto a ricevere il mio premio.
Sento il rumore familiare del nastro isolante che si tende. Non capisco ma spalanco ancora di più le gambe, sento il peso del suo petto caldo appoggiato al mio.
Il suo cazzo comincia a spingere per entrare dentro di me, provocandomi un gemito di soddisfazione.
Sento il fiato dello sconosciuto accarezzarmi il viso mentre mi dice
-A proposito, sono sieropositivo
È una cosa sola. Il nastro sulla bocca, la penetrazione, le urla ovattate. Le risate del cameraman.
-Benvenuto nella mia collezione.
La sua voce è così fredda che non sembra neanche mi stia scopando, ma il suo cazzo rivela tutto il piacere che prova nel commettere quel crimine.
Mi agito ma sono immobilizzato, consumo lo sforzo dei polmoni e lui pinza divertito le mie narici tra le sue dita.
-Fai il bravo. Più ti agiti più mi eccito
Mi afferra il bacino e prosegue a penetrarmi con dolcezza velenosa.
-Sai cosa succede se mi eccito?
I miei occhi già irritati si riempiono di lacrime e sento il suo cazzo inturgidirsi stretto nelle mie viscere.
-Devi fare il bravo
Mi dice accarezzandomi i capelli sudati.
Ogni spinta del suo corpo verso il mio equivale a una condanna.
-Ora, per giocare ho bisogno di toglierti il nastro dalla bocca.
Annuisco al suo sguardo e guadagno la libertà di piegare ogni parola alla sua volontà.
Il suo cazzo è così duro che la paura di eccitarlo ulteriormente mi impedisce di gridare aiuto.
-Cosa c’è, non ti stai più divertendo?
Mi incalza lo sconosciuto.
-No eh? Ma tu devi. Devi divertirti, o il mio cazzo ti infetterà.
Non capisco cosa si aspetti da me. Mi fissa in silenzio, stringendo gli occhi sornioni, sospira dondolandosi tra le dita il mio cazzo molle. Mi assale. Ricomincia a penetrarmi con violenza e lo sento gemere spensieratamente, quasi dissociato dall’efferatezza di quello stupro.
-Ti prego no
Rantolo d’impulso, soffocando tra le parole. Non ho il tempo di pentirmi, le sue mani forti mi spingono verso di sé con impeto selvaggio.
-La tua unica speranza
Sussurra tra gli affanni del piacere
-È godere prima di me, bambolina.
Sono pietrificato. Ho afferrato il suo gioco e la mia voce si spezza in una richiesta disperata:
-Picchiami.
Si interrompe. Un sorriso strafottente prende possesso della sua sorpresa.
-Prego?
Scambia uno sguardo divertito con il cameraman, che sfoggia un ghigno gemello.
-Non mi diventa duro se non…
L’umiliazione mi incolla la lingua al palato.
-Cosa vuoi che ti faccia, tesoruccio?
La curiosità vince sulle regole del gioco, vuole dedicarsi completamente a me.
-Dammi un pugno in fa-
Un fischio nelle orecchie come un filo teso nel mio cervello. Troppo sorpreso per assaporare il dolore, non mi resta che godere del secondo, del terzo, del quarto colpo. Perdo il contatto con il mondo, ad ogni colpo espiro gemiti incontrollati. Un sussurro rauco accompagna la mia estasi.
-A questa troietta piace davvero!
Sento la faccia gonfiarsi, ma il mio cazzo non è ancora duro, mentre quello del mio stupratore continua il suo crimine.
-Ti prego fammi una sega
Il cameraman scoppia in una risata sguaiata
-Credi che siamo qui al tuo servizio?
Lo sguardo commosso del compare mi fa sprofondare nella vergogna.
-Lo hai offeso sai? Dovresti chiederlo a lui.
Apro la bocca per supplicarlo
-Dritto in camera, stupida troia.
La telecamera si avvicina al mio viso e deglutisco con sforzo.
-Perdonami ti prego. Scopami tu ti prego.
Le lacrime sgorgano spontanee
-Sarò bravo questa volta.
Singhiozzo, senza pudore
-Non farmi scopare da lui
Ho sbagliato di nuovo. Lo sento espandersi dentro di me, mi volto a guardarlo e con occhi di miele rancido incide le sue pupille nelle mie.
-Ora sono io a sentirmi offeso.
Sono finito. Cullato da una tiepida disperazione vengo afferrato da un lampo di consapevolezza: devo semplicemente occuparmi del mio cliente, come la puttana che non sono mai stato fino in fondo. Comincio ad ansimare, un rantolo che si trasforma in gemito sotto lo sguardo scettico del mio assassino.
-Pensi di fregarmi, con questo cazzetto molle?
Sbuffa ridendo, ma sono pronto a replicare.
-Non merito di godere. Tu lo meriti.
Fletto gli addominali e scandisco un sussurro al suo orecchio
-Tu meriti tutto. Tutto.
Sento la tensione del suo corpo allentarsi.
-Continua.
Ci sono vicino. Posso centrare il punto debole di questo narcisista di merda. -Non mi importa se mi infetti, se posso averti.
Mi guarda incerto.
-Ti voglio.
Sfoggia un’aria di collaudato disprezzo.
-No, non mi vuoi. Vuoi solo salvare la pelle.
Con nuova energia comincia ad infierire, i suoi gesti amplificati da un ardore cupo. Mi lascio andare, permetto che strappi il consenso da ogni centimetro del mio corpo. Sento il suo cazzo arrivare sempre meno in profondità, finché da un momento all’altro diventa incapace di penetrarmi. Mi guarda adirato, i lineamenti perfetti stravolti da una frustrazione incredula. Si alza per rivestirsi con furia, sputando ordini all’amico che immediatamente comincia a raccogliere la sua attrezzatura. Poco prima di uscire dalla stanza, il mio aguzzino mi rivolge uno sguardo di miele. Il suo palmo sfiora il pomello della porta, ma decide di abbandonare quella carezza per farmi un regalo di addio. Rovescia il mio corpo giù dal letto per cominciare a prendermi a calci nello stomaco. Lo fa con energia instancabile, in un gesto quasi terapeutico che lo rende un assoluto idiota ai miei occhi. Ma ha delle belle scarpe. Si ferma, la mano del compare saldamente aggrappata alla sua spalla. Gli sussurra qualcosa all’orecchio, sono in estasi ma riesco ad afferrare il concetto: “Lo sleghiamo?” Lui si passa le dita tra i capelli, resi indistricabili dal sudore.
-No.
Nessun convenevole, la porta si chiude alle loro spalle. Resto rannicchiato a terra per ore prima che il receptionist decida che mi sono goduto abbastanza il mio soggiorno.
-Ti pago le ore extra.
Non è la prima volta che succede.
-Mi paghi tutte le ore. I tuoi amici non hanno lasciato un centesimo.
È la prima volta che succede. Merda. In un bacio sporco di sangue butto giù quel che rimane della bottiglia di vodka. Sono stato umiliato, stuprato e derubato. Di cos’altro ha bisogno uno come me?