Oggi il racconto erotico di Plug the fun lo scrive Davide, che ha già scritto qualche mese fa per Plug the fun: Le parole che mi eccitano.
Aveva già scritto un eccitante racconto qualche tempo fa per Plug the Fun: Le parole che mi eccitano.
Sono molto contenta di rileggerlo e di eccitarmi con le sue parole.
Se anche voi volete scrivere un racconto erotico e pubblicarlo sul blog potete inviarlo a: [email protected] .
I requisiti sono pochi: scrivere in italiano corretto e un minimo di 700 parole.
Aspettando i vostri racconti, vi auguriamo una buona lettura.
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Sento i suoi passi per le scale. Li sento battere sul pavimento e salire sulle mie gambe. Li conosco e riconosco sonori rintocchi di scarpe lucide, incedere senza dubbi. Li sento e mi guardo allo specchio. Sono come mi vuole, lui, puttana d’alto borgo: bellissima, me e di fuoco. Mi piace vedermi così, schiudere leggermente il perizoma per sentirmi più bagnata di quanto immaginassi, eppure perfettamente controllata; mi piace sentire la seta che si tende nel reggiseno, ed il mio viso impassibile, certo, deciso. Voglio le sue mani sulle mie tette. I suoi passi si avvicinano ne vedo l’evidenza sulla mia pelle, che si tende, si flette, si muove, si strazia. Lo voglio. Ogni passo, suo passo, un mio sussulto; mi siedo davanti allo specchio.
Lo immagino entrare, senza salutare, stringere le mani sul mio culo, tirarmi i capelli per farmi spalancare la bocca e infilarmi la lingua fino in gola. Così, le mie mani a tirare la sua cravatta. in questo bilanciamento con le due lingue a fare da fulcro, turgide e strette. Le sento, scendere millimetricamente dalla mia bocca al mio collo, giù, giù, fino alle mie tette che lo aspettano, frementi e dritte, le stringe, attorno a sé. Mi fa sentire appena i denti, il respiro che mi avvolge il collo e il petto, sapientemente sincronizzato alle sue maledette mani sapienti che mi trattengono, mi stringono, come un reggiseno lurido e perfetto.
I suoi passi si avvicinano, sono fradicia.
Fa scivolare via le spalline e mi lascia così, praticamente nuda ed ancora vestita, in questa condizione di incertezza e consapevolezza assoluta, sua e ancora mia contemporaneamente. Dura lo spazio di un pensiero, questa riflessione, ed ecco che subito il reggiseno, quello di seta, è ai nostri piedi ed i miei capezzoli, dritti, sono tra le sue dita con i palmi delle sue mani che mi stringono, le sua lingua che affonda nella mia, aperta, sono aperta. Adduco le scapole, sono incapace di essere altro che tutta sua, ora, eccitata e pronta.
Si è fermato sul pianerottolo.
Mi guarda, fisso, con quegli occhi scavati nel volto come da trucco di teatro, mi guarda e mi divora. Le mie tette sono tra le sue mani, le stringe, mi guarda, le stringe e sillaba, ruggisce: – Mia . Una mano, la destra, si fa strada sulle mie gambe e mi sente gocciolare, mi sente e mi accarezza; sa perfettamente che non resisto e mi usa, usa il mio godere per tenermi come vuole lui, umida, bagnatissima. Sua. Mi guarda ancora, ha gli occhi neri e la barba poggiata sulla mia pelle, la sento aderire e pizzicare: mi fa impazzire. Sparisce tra le mie gambe. Mi divora, oddio.
La sua lingua si fa strada tra le mie labbra, mi schiude, mi lascia fiorire nella sua bocca ed io non resisto, no, lo inondo di gemiti e umori. Si ferma e mi limona selvaggiamente. La sua lingua, intrisa di me, entra dentro la mia, godo tra le sue labbra, con le mie labbra.
Le sue dita squarciano le mie labbra e la mia clitoride. Sono sincopate, maledette, e battono con il mio respiro, a fondo. Il suo indice e il suo medio mi tirano verso di lui, velocissime. Lo sento su di me, me duro, durissimo.
Si è mosso, cammina lieve, ma secco.
Lo devo avere, ora. I suoi pantaloni sono a terra ed è davanti a me: dritto, lucido. Non ce l’ho fatta, l’ho voluto e lo ho in bocca, Pulsa. Pulsa sincronizzato al mio respiro e lo ingoio tutto, partendo dalla base, lo voglio sentire fremere al potere della mia lingua mentre la sua, dio, è dentro di me. Qui, seduta su di lui con la cravatta ancora indosso, ho il suo cazzo in mano e in bocca e le nostre labbra strette non capaci più di distinguere il mio fragore dal suo.
Respira, davanti al portone, ansima. Guarda la porta
Mi alzo dalla sua bocca. Lo voglio dentro, mi siedo sul suo cazzo e lo lascio entrare, dilatarmi dalla punta. Scivola dentro me, liscissimo e duro, liquido sul liquido e lo sento battere.
Bussa.
Lo sento battere dentro di me, sbattere sempre più forte con la sua cravatta che dondola sulle mie tette, nude, bagnate, strette tra le sue mani. Sono incapace di capire, di trattenere, di decidere, ho le unghie nella sua carne, lui dentro, totalmente in fondo a me. Mi gira, mi tira i capelli e morde il collo, mi avvolge, il suo cazzo dentro, le sue mani mi toccano,
furiosamente. Sbatte sul mio utero, in fondo.
Cedo, trattengo, controllo. Ho il collo segnato dai suoi denti, le sue labbra mi baciano, la sua lingua avviluppa la mia. Cedo, trattengo, controllo. Godo, trattengo, mi limona, lo ho infondo, dentro. Tutto.
Vengo.
Addosso a lui che viene addosso a me. Mi sgorga in fondo, lo sento esplodere nella mia esplosione.
Apre la porta.