Da bambina
Ricordo perfettamente una scena di quando ero bambina.
Ero con mia madre al banco dei salumi, avevo circa 7 anni, ad un certo punto mi chiese cosa volessi mangiare tra le cose esposte, le risposi che volevo del prosciutto cotto (per l’esattezza le dissi “il prosciutto rosa” perché non distinguo le tipologie di prosciutti esattamente come non distinguo destra e sinistra).
A quel punto mia madre probabilmente aveva deciso che quello sarebbe stato il mio primo giorno da adulta (no in realtà ricordo ancora bene il mio primo giorno da adulta, ero ancora più piccola ed è legato al mio ciuccio*), mi disse “Chiedilo tu al salumiere”.
Io mi girai verso di lui, lo guardai negli occhi, sentivo salire il caldo attorno alle orecchie, stavo diventando rossa, me ne resi conto e questo peggiorò la situazione… sotto voce, non guardandolo più negli occhi ma con sguardo bassissimo, rantolai qualcosa.
Mi chiese “Cosa vuoi Marta? Non ho sentito?”.
Questa sua domanda mi mise ulteriormente in imbarazzo.
Mia madre sorrise e mi disse “Su Marta, cosa vuoi?”. A quel punto mi sono presa di coraggio e gli dissi che volevo il prosciutto cotto.
Quel giorno diventai un po’ più adulta.
Sembra assurdo no? è quasi paradossale come sensazione, del resto dovevo solo chiedere una cosa semplice ad una persona che vedevo ogni settimana. Eppure la sensazione era terribile.
Ringrazio ancora mia madre per quell’occasione, sì perché per me fu un occasione, l’occasione per mettermi in gioco, per farmi saltare un piccolo ostacolo, per mettermi alla prova e farmi capire che era ora che mi dedicassi da sola ad un po’ di cose.
Anni dopo capii anche che mia madre mi stava addestrando a diventare una perfetta sorella, in grado di gestire un neonato a soli 8/9 anni.
Che tipo di emozione è la vergogna?
Mi capita molto spesso di parlare di vergogna in ambito lavorativo. Il bondage giapponese affronta molto spesso questo argomento, ma in realtà tutta la sfera del bdsm. Si gioca spesso con concetti come la vergogna, la paura, la colpa.
Con Federico abbiamo anche fatto una classe on line questa estate proprio per parlare un po’ di cosa è la vergona e di come viene processata, ma soprattutto del perché per ognuno di noi cambia il movente.
E’ un’emozione non intrinseca dalla nascita, ma viene appresa tramite le interazioni sociali ma soprattutto tramite le regole della società in cui cresciamo.
La violazione della norma non è per forza, però, una condizione necessaria.
La vergogna è un’emozione legata all’autoconsapevolezza che nasce dall’esposizione o dall’idea dell’esposizione all’altro che ne diventa testimone. Nel mio esempio di prima l’esposizione era verso il salumiere, che poteva chiaramente essere un testimone nel caso di possibili e evidenti miei errori.
E’ un sentimento naturale che vede complice una terza persona.
Dal dizionario:
Sentimento più o meno profondo di turbamento e di disagio suscitato dalla coscienza o dal timore della riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito.
E’ una sensazione molto diversa dalla modestia e lavora moltissimo sul senso di inadeguatezza.
Tendiamo a vergognarci per diversi motivi:
A volte perché un’azione o una caratteristica non rispecchia la nostra immagine di quel momento.
Spesso perché noi stessi abbiamo infranto un’ideale al quale eravamo particolarmente affini e/o legati.
Ma a volte anche perché non rispettiamo una regola nella quale credevamo.
Vergognarsi è quella forma naturale del prendere coscienza del fatto che sia la nostra identità che i nostri ideali vengono continuamente influenzati da ciò che ci circonda, e da come ci circonda.
La vergogna può avere più facce
La vergogna può essere anche autodistruttiva. Se la vergogna che proviamo non viene processata nel modo più corretto potremmo anche finire per disprezzarci.
E’ importantissimo infatti capire da dove arrivino certe tipologie di vergogna, soprattutto quando viviamo quella più deleteria.
Dall’altro lato ci sono tipi di vergogna che possono essere erotizzate.
E’ un tasto molto dolente e sfiora senza dubbio spesso il consensual non consent, oppure una grande consapevolezza di noi, oltre che il politicamente scorretto.
Ma non possiamo fingere che non esista.
Pensiamo a tutto il filone erotico che riguarda il nascondersi, il non volere ma volere (che appunto vede il consensual non consent come parte integrante), l’eccitarsi davanti al nostro stesso arrossire, bagnarci e nasconderci.
L’uomo non si vergogna di peccare, ma si vergogna di pentirsi
Daniel Defoe
La vergogna è qualcosa da nascondere?
E’ sbagliata?
Se non provo vergogna è un problema?
Ma soprattutto, se vergognarmi è eccitante per me e/o per il/la/i/le partner/s, è sbagliato?
Non provare vergogna significa non avere sentimenti o sensazioni?
Mi sono tante volte poste questa domanda, a volte in maniera quasi ossessiva.
Ho scavato nella mia infanzia, nella mia adolescenza e oggi nella mia pseudo età adulta.
Ho smesso di pormi domande e ho iniziato a godermi la sensazione della vergogna, in alcune circostanze (erotiche ovviamente) è diventata un plus.
Oggi io non mi vergono del peccato ma nemmeno dei pentimenti, me li assaporo.
La formalità e il perfezionismo ci proteggono dalla vergogna
Le regole, i riti, la routine sono una costante nella nostra vita quotidiana e ci fanno sentire protetti da ciò che invece ci destabilizza.
Se ci pensate, tornando alla me bambina, non ero che spaventata da quel cambio scena improvviso, soprattutto con un attore esterno all’intera scena.
Tendere verso una formalità, un’etichetta, il “perfezionismo” in cui nessuno può sbagliare, nemmeno noi, ci pone dentro una bolla, dalla quale sarebbe quasi impossibile provare vergogna.
Cosa c’è di male nell’erotizzare la vergogna?
Nulla se lo si fa con consapevolezza.
Essendo un’emozione legata all’autoconsapevolezza che nasce dall’esposizione, come detto prima, è possibile prenderne coscienza.
La “magia” sta nel saperla gestire, lasciarsi andare, non pensare che sia sbagliato, ma che è un’emozione del tutto naturale, per quanto derivata da fattori esterni e culturali.
Spesso bisogna solo testarla, non è detto che sia una cosa adatta a chiunque.
Siamo parte di una cultura e ne facciamo parte in maniera attiva.
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* L’aneddoto del ciuccio risale a quanto i miei mi dissero che dovevo dirgli addio perché ormai era conciato e in più ero troppo grande.
Mi presi di coraggio e lo gettai nella pattumiera, chiusi lo sportello e iniziai a piangere poggiandomi sull’antina.
Dopo mezz’ora ero fresca come una rosa.
[…] Sul senso di colpa e sull’erotizzazione del senso di colpa avevo scritto un articolo qualche tempo fa: Vergogna ed erotizzazione della vergogna […]