Oggi sono contentissima di avere Marvi come ospite qui su Plug the fun.
Per chi non la conoscesse potete trovarla qui:
Sito personale
Facebook
Intagram
Ma soprattutto se non la conoscete vi invito a leggere il suo libro dedicato interamente a tinder.
Ma andiamo al dunque e conosciamola meglio…
Chi è Marvi Santamaria, la persona dietro il progetto matchandthecity?
Sono una ragazza di 32 anni, nata in Sicilia, che lavora a Milano (per ora in smartworking) in un’agenzia pubblicitaria come Social Media Manager. Nel 2015 mi sono trasferita a Milano, avevo 25 anni, ero single e non conoscevo nessuno in città: condizioni ideali per cominciare a usare le dating app. Un mio amico mi parlò di Tinder, così mi buttai. Ho sempre avuto una propensione e passione per i mondi virtuali e verso il digital – non per nulla poi ho scelto di lavorare in questo campo – e quindi usare le dating app per me non è stata una forzatura ma anzi un modo a me congeniale, alimentato da tanta curiosità.

Dopo alcuni anni di uso molto frequente di dating app (Tinder, Happn, OkCupid…) sentii il bisogno di condividere ciò che avevo provato sulle app – alti e bassi – con altre persone, perchè nella mia cerchia di amici pochi le usavano e non avevo modo di avere un confronto. Così cercai online. Era il 2017 e non esisteva nessuna community verticale sul tema sui social. Decisi di crearla io e la chiamai “Match and the City”, con riferimento alla famigerata serie TV “Sex and the City”, ma col “match” in mezzo perchè questo elemento è trasversale a tutte le dating app. Così ho cominciato aprendo una Pagina Facebook , alla quale poi si sono aggiunti altri tasselli fino a creare un ecosistema: blog, profilo Instagram , due gruppi Facebook chiusi in cui confrontarsi su storie di dating app (questo per sole donne e questo misto), un podcast, talk a eventi (ho parlato ad esempio a Campus Party e alla Milano Digital Week e in alcune Università), interventi in radio e in TV (sono stata ad esempio sul TG1 e TV8) e anche un libro, “Tinder and the City“, in cui ho raccolto riflessioni saggistiche sulla “Tinder generation” e racconti di incontri nati su Tinder.
Col tempo inoltre nella mia community ho sentito sempre più urgente il bisogno di approfondire alcune tematiche legate alle discriminazioni e agli stereotipi (c’è molto sessismo sulle dating app, perchè ve n’è nella società) e quindi ho cominciato anche a fare attivismo digitale, avvicinandomi al femminismo intersezionale, le cui cause porto avanti sui miei profili.
Parliamo subito delle dating app. Prima su tutte tinder, ormai icona delle app di dating. Raccontaci come funzionano. Qual è il tipico mood degli appuntamenti tramite le app?
Oramai ci sono tantissime dating app, per tutti i gusti, alcune anche molto verticali. Quasi tutte però hanno il medesimo funzionamento: ti iscrivi, imposti il tuo profilo con alcune foto e una bio, setti le tue preferenze (genere, distanza chilometrica dalla tua posizione, ecc.), cominci a scorrere tra i profili e lasci una preferenza (swipe right, gesto del dito verso destra) o li scarti (swipe left, gesto verso sinistra). Se entrambi i profili si piacciono, scatta il cosìdetto “match” e si può cominciare a chattare.
Il mood “tipico” – nel senso di più diffuso – nelle dating app era – “era” perchè col Covid la situazione sta inevitabilmente cambiando, con un ritorno a quanto pare a un desiderio di rapporti “impegnati” – quello della cosìddetta “hookup culture” ossia la cultura degli appuntamenti senza impegno, veloci e finalizzati al solo sesso. Questo tipo di utilizzo, ho notato tramite la mia community, genera molta resistenza in chi vuol approcciarsi alle dating app, perchè a quanto pare trasmette loro un fine “utilitaristico” dei rapporti, uno “svilimento” delle persone a “oggetti” e alcuni soffrono questa sensazione di sentirsi “in vetrina” (i virgolettati sono tutti termini che spesso gli utenti mi hanno scritto).
Secondo me invece, il problema è nel nostro rapporto con la sessualità e con gli altri, per cui la cultura ci porta a percepire come “inferiori” i rapporti di solo sesso. Le dating app possono essere un grande strumento di esplorazione sessuale e di liberazione del corpo, tramite le esperienze che si possono fare. Ciò però può accadere solo a due condizioni:
1) che il solo sesso sia ciò che si sta cercando, altrimenti si rimarrà feriti, e ogni persona ha diritto a cercare ciò che vuole, quindi anche l’amore – spoiler: si può trovare l’amore sulle dating app, moltissime coppie si sono formate negli anni!;
2) che si abbia un approccio sex positive in queste esperienze: ossia se si è consenzienti, consapevoli e aperti ad esplorare, si possono trarre grandi lezioni e imparare tantissimo su ciò che davvero ci piace a letto e che piace alle altre persone, diventa una forma di educazione sessuale dal basso.
Nel tuo libro, Tinder and the City, spieghi come poi non sia tutto una favola. Momenti piacevoli e appaganti si alternano con parecchi momenti in cui saltano più all’occhio le insicurezze delle persone, le paure, le similitudini. Un po’ un viaggio nel lato triste delle dating app. Su questa cosa si potrebbero fare infinite riflessioni. La tua?
Esattamente. Nel mio libro “Tinder and the City” ho voluto raccontare le diverse fasi che ho attravesato io usando le dating app per anni: son partita dall’euforia iniziale, come fossi in un parco divertimenti, per passare da diverse delusioni e finire nel cinismo come arma di autodifesa. Col tempo ho elaborato le mie vicissitudini – grazie anche a un percorso di psicoterapia – e ho capito che ho sofferto così tanto sulle dating app perchè non avevo gli strumenti per interpretare ciò che mi succedeva. Inoltre in quella fase della mia vita vivevo uno scollamento tra le mie aspettative e la realtà: mi illudevo di volermi solo divertire, ma in realtà avevo un vuoto enorme d’affetto dentro – perchè ero stata lasciata il giorno di S. Valentino dal mio ex, conosciuto su Tinder, LOL! – e quindi nei “tipi di Tinder” io cercavo qualcosa che loro non potevano darmi. Il gioco di Tinder è sì un gioco, ma ci si può fare molto male, perchè si gioca direttamente sulla propria pelle, a corpo nudo, in tutti i sensi.
Con Tinder nascono anche le varie tipologie di uomini e donne. Alla fine si finisce quasi per catalogare una persona prima ancora che ci sia stato un vero e proprio scambio con essa. Non è carino “ridurre” le persone a categorie, ma di fatto per semplificazione tendiamo sempre a farlo. Se dovessi descrivere le tipologie in breve, quali sarebbero le 5 più frequenti?
Già, nel mio progetto io cerco proprio di abbattere gli stereotipi, e lo faccio parlando di un mondo – quello delle dating app – che ne è pieno. Non piace neanche a me parlare di categorie di persone, ma proviamo a semplificare:
1) La persona che sta sulle app solo perchè “mi ci hanno iscritt* amici/amiche, ma ora mi cancello” (questa tipologia riguarda sia donne che uomini a quanto pare): secondo me queste persone sotto sotto pensano che stare sulle dating app sia una cosa “sporca”, nutrono questo pregiudizio verso chi le usa e quindi loro vogliono sottrarsi a esso perchè “loro non sono mica così”.
2) Persone impegnate/fidanzate/sposate, che non lo dicono: a quanto pare è frequentissimo negli uomini, io stessa ne ho beccati alcuni. Le dating app, essendo un mezzo digitale, avvantaggiano chi vuole fare delle scappatelle extraconiugali. Il problema di tutto ciò – per me – è che così facendo, se sei in una coppia monogama, stai tradendo un patto di fiducia. Diverso sarebbe il discorso per una coppia non monogama: lì se tra i patti c’è la possibilità di conoscere altre persone, allora tecnicamente non c’è tradimento. OkCupid ad esempio è molto apprezzata dalle persone poliamorose perchè consente di indicare il proprio orientamento relazionale nel profilo.
3) Persone che procrastinano e stanno sulle app solo per chattare/passare il tempo: fa soffrire incappare in queste persone perchè spesso finisce con chat che durano mesi e mesi senza portare mai a un incontro. Il guaio è che queste persone non dichiarano le loro intenzioni e quindi dall’altra parte le si idealizza sognando un incontro che non avverrà mai. E spesso finisce col ghosting.
4) Uomini maschilisti, possessivi, gelosi (qui parlo dalla mia esperienza da donna eterosessuale, non escludo possano esistere anche donne che si comportano così verso gli uomini): sono quelli che in chat o alla prima uscita ti chiedono “con quanti altri stai chattando?” oppure “con quanti altri sei uscita?” e ho imparato con gli anni che quasi mai si tratta di domande ingenue e di sola curiosità ma che sottendono un senso possessivo del rapporto e anche dello slut shaming verso le donne. Ne ho parlato in questo mio post su Instagram.
5) Persone che sono consapevoli di se stesse e si presentano senza voler per forza dimostrare qualcosa a qualcuno. Dovevo pur mettere almeno una categoria positiva se no nessuno più vorrà usare le app! Ecco per la mia esperienza queste persone sono quelle con le quali ho avuto gli incontri più appaganti – anche sessualmente – e piacevoli. Queste persone sono spontanee, non hanno sovrastrutture, sono più libere da stereotipi rispetto a chi agisce secondo copioni e ruoli precostituiti (tipicamente “sono uomo quindi devo essere macho e predatore”). Nel mio libro ho definito questi come “uomini basso profilo”, per nulla in modo sminuente, anzi: sono perfino uomini che si potrebbero definire femministi in quanto non si fanno schiacciare dalla mascolinità tossica e i suoi standard nocivi di virilità stereotipata.
Nel libro accenni anche alla scoperta della femminilità, un viaggio che si fa attraverso le esperienze con altre persone (oltre che singolarmente). Anche il mio personaggio di Martina, scopre nei primi 30 capitoli una se stessa che piano piano approfondisce di più. Pensi che una persona possa cambiare o modificare parte del suo carattere “vivendo” le dating app?
Sì, è un “rischio” magnifico che può accadere, soprattutto come dici tu per una donna. Siamo ancora in una cultura patriarcale che fa slut shaming additandoci come z*ccole se desideriamo il sesso “come gli uomini”, ossia se vogliamo solo divertirci, scoprire il nostro corpo e quello degli altri, esplorare una sessualità non convenzionale. Non ci è ancora concesso di cercare sesso attivamente senza essere considerate “ragazze facili”. Al contempo molti uomini vogliono proprio la donna “porca” per appagare i loro desideri sessuali. Porca sì, ma solo in privato e che poi sia “santa” in pubblico.
Con le dating app possiamo riappropriarci di questo diritto a desiderare e a rivendicare un piacere per noi, a modo nostro, finalmente focalizzato su come davvero funziona la nostra sessualità, ossia un territorio tutto da riscoprire e liberare dalle tante bandierine terminologiche che negli anni studiosi (al 99,9% uomini) hanno piazzato, raccontandoci dall’esterno come NOI dovevamo provare piacere.
Ho raccolto negli anni esperienze di donne che finalmente hanno scoperto la loro sessualità tramite le app, anche ad esempio donne che dopo matrimoni andati male si sono rimesse in gioco, a un’età ritenuta dalla società non appropriata per una donna, oppure madri giovanissime per le quali la società ritiene sconveniente che vogliano fare sesso, ribaltando così gli stereotipi e prendendosi una libertà che è un nostro sacrosanto diritto. Il diritto al piacere.
Tinder a volte è un buon modo per farsi coraggio e provarci, certo non è come al bar, ma lo swipe ci permette di non prenderci un No secco e di non essere troppo diretti. Pensi che in qualche modo app simili possano far perdere la magia e/o la voglia di affrontare il mondo reale?
Questo tema mi viene chiesto spesso e perdura ancora la paura che le dating app abbiano “ammazzato il romanticismo“. La risposta è “nì”, nel senso: da un lato è vero che le app sono una grande agevolazione per le persone timide e che alcune persone potrebbero finire per usare solo le app per interfacciarsi con altr* (è capitato anche a me, io sono una frana nel provarci dal vivo, mentre con gli appuntamenti al buio paradossalmente non ho imbarazzo); ma al contempo credo c’entri anche il carattere e vissuto di una persona: se si è estroversi ed espansivi, non saranno le app a limitare la volontà di provare a conoscere gente anche “offline”, senza app. Inoltre, l’app è solo lo step iniziale di un rapporto che nasce online, tutto il resto della partita – ossia la maggior parte – si gioca poi sul terreno fuori dalle app, ed è lì che magia, romanticismo, “mondo reale” esistono ancora, nessuno e niente li ha cancellati, per fortuna.
Su Tinder siamo in vetrina, ragion per cui scegliamo il miglior abito per metterci in mostra, le migliori parole per raccontarci, i migliori sfondi esotici per un buon contorno. Insomma, in un certo senso “nascondiamo” il pigiama di pile con gli unicorni. Forse questo aspetto è sacrosanto nel momento in cui si pensa all’incontro come occasionale, come descriveresti questo paragone?
Penso che è normale che al primo incontro, specie se occasionale, si voglia fare la migliore impressione. Il rischio però è quello di perdere autenticità e incarnare un ruolo. Non c’è nulla di male in sè ad attuare “strategie“, il problema sorge quando veniamo ingabbiati da quelle stesse strategie. Io l’ho sperimentato tantissimo proprio nei miei incontri occasionali (che sono stati il 99% dei miei appuntamenti sulle app): a fine incontro non mi restava nulla, spesso neanche l’appagamento sessuale perchè io non ero davvero “presente” con corpo e mente in quell’incontro. Anche se solo occasionale, infatti, un incontro è comunque un incontro di copri e menti e se lo si vive senza consapevolezza dei propri desideri, credo si sprechino grandissime occasioni di poter vivere esperienze profonde – e non c’entrano nulla i sentimenti qui, intendo “profonde” anche solo come incontri sessuali che ricorderai negli anni a venire per come ti hanno fatt* sentire bene e appagat*.
Falsi miti e pregiudizi su Tinder… Quali sono?
Ancora una marea, purtroppo, e molto spesso vengono da persone che le app non le hanno mai usate e parlano per sentito dire, ascoltando leggende metropolitane. Ne elenco giusto alcuni:
- Se usi le app e sei donna, sei una poco di buono. Questo si chiama sessismo.
- Sulle app non si può trovare l’amore. No, tantissime coppie si sono formate online.
- Sulle app si cerca solo sesso. Vedasi il punto sopra più aggiungo che demonizzare i rapporti di solo sesso è sessuofobico ed è una visione normativa dei rapporti, stabilendo gerarchie di valore. Quale sarebbe il problema di cercare solo sesso!? Se a una persona va di vivere una storia di solo sesso e trova persone consenzienti, non vedo dove stia lo scandalo.
- Incontrare persone tramite dating app non è sicuro. Questo discorso meriterebbe un articolo a parte. Diciamo che il problema non sono le app in sè ma la società in cui agiscono, che prevede livelli di sicurezza diversi per categorie diverse di persone: tipicamente, una donna o una persona omosessuale o transgender o nera hanno molta più probabilità di essere aggredite o insultate per strada, rispetto a un uomo bianco e cis gender. Questa diversità di sicurezza si riflette anche sulle app, dunque ad esempio le donne spesso hanno paura a usarle per timore che gli uomini che incontrano, essendo sconosciuti, possano far loro del male. Non che questo non possa accadere, ma ricordiamo anche che la maggior parte delle violenze sulle donne avviene per mano di partner/ex partner, dunque per nulla degli sconosciuti.
In generale ad ogni modo non si può negare neanche il fatto che le app, essendo mediate da schermi, favoriscono azioni nocive o illegali come truffe in chat, fino anche a incontri poco piacevoli o pericolosi dal vivo, perchè si tratta di sconosciuti. Dunque vigono per me delle raccomandazioni di buon senso generali come: non incontrare persone direttamente in casa ma in luoghi pubblici finchè non si avverte un grado di fiducia che fa stare a proprio agio, comunicare ad amici/amiche dove si sta andando, non dare propri dati personali in chat… e così via.