Uno dei più grossi problemi di oggi è che non sappiamo accettarci.
Non accettandoci non impareremo mai a piacerci e a trovare in ogni essere umano un tratto interessante.
La cosa più difficile è scollarsi di dosso l’etichetta che noi stessi ci diamo.
Io vorrei il coraggio di Dalí, vorrei che tutti avessimo il coraggio di Dalí.
Salvador Dalì, che probabilmente la maggior parte di voi conoscerà, è stato uno dei pittori più rivoluzionari del 900 Europeo.
Definirlo solo pittore è minimizzare l’incredibile personalità che era, del resto era un’artista a 360° lui.
Ha avuto una vita decisamente stravagante e colorita, portandolo per altro ad essere uno degli artisti più conosciuti anche e soprattutto dai suoi contemporanei.
Dotato di grande immaginazione e con il vezzo di assumere atteggiamenti stravaganti, irritò coloro che hanno amato la sua arte e infastidì i suoi detrattori dal momento che i suoi modi eccentrici hanno in alcuni casi catturato l’attenzione più delle sue opere.
Era una sorta di ribelle davanti agli occhi di molti. Era istintivo e questo lo ha spesso condannato.
Significato di colpevolezza
L’essere colpevole: sostenere, provare la c. di una persona. In diritto penale, con accezione specifica, è la situazione di chi ha fatto tutto ciò che la legge richiede per l’assoggettamento a una pena, ossia l’antigiuridicità di comportamenti che, per le loro caratteristiche, sono riconducibili alla sfera di volontà dell’agente.
Il colpevole è responsabile di un’azione che costituisce colpa.
Treccani
Sul senso di colpa e sull’erotizzazione del senso di colpa avevo scritto un articolo qualche tempo fa: Vergogna ed erotizzazione della vergogna
Segni di ribellione
Nel ‘29 Dalì fu cacciato a forza dalla casa paterna. Il padre gli disse che intendeva diseredarlo e gli intimò di non mettere mai più piede a Cadaqués.
In seguito sostenne che, in risposta al gesto del padre, gli mise in mano un preservativo contenente il suo sperma.
I suoi gesti assurdi vengono tutt’oggi ricordati per l’aspetto politico, pur essendo qualcosa che Dalì non ha mai voluto definire.
Con la moglie Gaia parteciparono ad una festa in maschera a New York, organizzata per loro, come costume scelsero di vestirsi come il figlioletto di Lindbergh e il suo rapitore. La conseguente reazione scandalizzata della stampa fu così forte che Dalí dovette scusarsi. Quando tornò a Parigi i surrealisti lo rimproverarono d’essersi scusato di un gesto surrealista.
Insomma, da un lato la stampa, dall’altro i surrealisti, era impossibile poter andar bene a chiunque.
Ogni gesto è politica.
Mentre la maggior parte dei surrealisti tendeva ad assumere posizioni di sinistra, Dalí si mantenne ambiguo sul giusto rapporto tra politica e arte. André Breton, uno dei capofila del surrealismo, lo accusò di difendere il “nuovo” e l'”irrazionale” del “fenomeno Hitler”, ma Dalí respinse queste affermazioni dicendo: “Non sono un seguace di Hitler né nei fatti né nelle intenzioni”.
In risposta al dittatore tedesco ispirò tre dipinti: L’enigma di Hitler (1939), Metamorfosi di Hitler in un paesaggio al chiaro di luna (1958) e Hitler si masturba (1973).
Ogni interpretazione di questo gesto ha due facce. Ognuno di noi può interpretare questo gesto come ribelle al sistema in cui Dalì viveva, una risposta ai “collegi” che puntavano il dito, ma potrebbe benissimo essere una presa di posizione politica nazista.
Nel ‘39, sempre Breton conia per il pittore spagnolo il denigratorio soprannome di “Avida Dollars“, anagramma di Salvador Dalí.
Si tratta di un modo per deridere la crescente commercializzazione delle opere di Dalí e la percezione che Dalí stesso abbia cercato di ingrandire la propria figura grazie alla fama e al denaro.
Alcuni surrealisti da allora in poi parlarono di Dalí solo al passato remoto, come se fosse morto.
La scalata sociale e la colpevolezza
Oggi il gesto di ogni persona che ha una posizione “alta” in una qualche scala sociale è in bilico: puoi scegliere se usare la sua posizione per aiutare anche chi sta “sotto”, ma verrà identificata come colei che sfrutta il potere e che si appropria di qualcosa non suo; puoi scegliere di non fare nulla, ma sarà comunque sbagliato.
Il risultato è che ti senti in colpa e non sai cosa fare, in ogni modo e con ogni posizione.
Mi domando se sia possibile uscirne.
Perché ho collegato Dalì a questa colpa?
Perché penso che sia stato controcorrente anche con chi sposava la sua stessa filosofia, perché l’estremismo non porta mai da nessuna parte.
Oggi un forte estremismo è quello che ci porta alla colpevolezza costante verso noi stessi.
Se tutti urliamo nessuno ascolta, ma se una sola persona abbassa la voce tutti sono costretti ad ascoltare, o per lo meno a smettere di urlare.
Oggi se anche una sola persona all’interno di un sistema ideologico cerca di portare un gruppo verso una conversazione più soft e con toni calmi, viene ghettizzata.
E’ questo ciò che vogliamo con la lotta della libertà di cui parliamo?
Vogliamo continuare a creare un ghetto del ghetto diventando noi stessi carnefice?
Io non credo che isolandoci si possa parlare di un mondo libero.
Trovate una riflessione molto interessante sull’argomento della colpevolezza in questo argomento in questo post di Tlon.
Oggi…
Se sei ricco e fai beneficienza e usi la tua fama… non va bene! Non va bene perché non capisci come sta davvero male chi non ha la tua fortuna.
Se sfrutti la tua popolarità per risaltare una minoranza… non va bene! Non va bene perché non puoi capire come sta davvero quella minoranza.
Potrei andare avanti ma non ho voglia, perché anche in questa circostanza sono certa che non farei la mossa giusta per qualcuno.
Oggi l’estremismo di un’ideologia copre l’ideologia stessa, lo stiamo vedendo purtroppo col femminismo.
Qualunque cosa faremo non sarà mai giusta per qualcuno… ma guardatevi allo specchio come Dalí.
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Se avete perso il vecchio post su Dalì eccovi il link.