A scrivere sono Serena e Victor, due followers di Plugthefun.
Eccovi una piccola presentazione scritta da loro… buona lettura.
Questo è il primo racconto che abbiamo scritto insieme. Nina era una vicina di casa di Victor.
Prima che andassimo a convivere. Un giorno Victor mi ha raccontato di questa fantasia che aveva su questa ragazza e ci siamo divertiti a scriverla per voi.
Sono le quattro del mattino. O le quattro di notte. La faccenda del bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto, insomma. La mezzanotte è trascorsa da un pezzo, anzi, non da uno: da quattro ore esatte. Quattro pezzi. È matematica, non si scappa, perché come si dice… non è mai un’opinione. Perché dalle opinioni ci puoi scappare lontano e anche molto, modificarle pure se ti va, e poi cambiarle proprio a tuo piacimento. Nel bene o nel
male.
Non può essere diversamente, invece, per la matematica. E io conto, ma non dormo. Faccio di tutto per provarci a soffocare i miei pensieri, sotterrarli in
altre zone grigie: leggo un libro in cui mi ritrovo sempre a pagina dieci, ogni sera riparto dall’inizio e mi ritrovo allo stesso punto. Potrei proseguire oltre, ma no, io devo farcela con le mie forze e superare lo scoglio della
pagina dieci. Ma niente.
Riprendo allora la seconda puntata di una serie televisiva, una di quelle nuove, “catchy” ma che a me non mi “catchiano” mai e sono distratto e poco dopo perdo il senso della narrazione:” Chi è Nadia? E perché è intrappolata alla sua festa di compleanno?” Ma è davvero New York quella città lì?”. Cerco di masturbarmi, di solito funziona. Da qualche settimana non faccio altro che farlo guardando le foto di Nina; su Instagram si fa chiamare Sailor Moon, ed è la mia vicina.
Mi spoglio sul letto, mi piace sentire l’effetto pruriginoso della coperta di lana sulla pelle, è qualcosa di spiacevole e piacevole allo stesso tempo e penso alla ragazza del mio pianerottolo. Si chiama Nina ed è una ragazza così seducente.
Ha lunghi capelli neri che le scendono sulle spalle arrivandole sui seni, sono
affascinato dal suo corpo armonioso e dal suo sorriso: la bocca e i denti, con quel piercing sul labbro. Quando la incontro, m’illumina la giornata. Vorrei capire chi è.
Le piace farsi fotografare. Osservo il suo corpo. In una fotografia è in un campo senza vestiti, con la lingua lecca i seni. Quasi all’istante penso a quanto sarebbe bello essere nudo a fianco a lei. Poi ripenso quando la
vedo andare in palestra, con quei leggins aderenti, mi eccito così tanto che penso sempre a come potrebbe essere sfilarle via tutto, magari dopo gli allenamenti, quand’è sudata; avvertire l’umido della sua pelle sulla mia bocca. Iniziare a leccarla e poi sfiorare il suo corpo soffiandoci sopra per farle venire la pelle d’oca e così potrei sentire anche i suoi odori e continuare a inumidirmi di quel misto di saliva e sudore. Unire al suo corpo la mia lingua umida e farla correre dal collo lungo tutto la schiena fino alle sue natiche. Ha un culo che vorrei prendere con forza, farle sentire il mio calore che spinge in lei mentre la trattengo con forza.
Di solito prendo il mio accappatoio color azzurro che attorciglio a mo’ di palla e ripesco nella memoria i mesi estivi in cui l’ho vista scendere le scale con quel un vestitino nero leggero e svolazzante e con delle innocue ciabatte di plastica, quelle semplici da mare, come se ne vedono tante in giro in quel periodo.
Su questo pensiero spingo me stesso, il mio bacino, in quella zona che ho creato appallottolando l’accappatoio; lo faccio con piccoli colpi. Vedo il mio corpo che s’inarca, sento il battito cardiaco aumentare ad ogni colpo.
Immagino di aver sotto di me Nina, di essere dentro di lei, come in quella foto con le gambe inarcate mentre apre la bocca e di sentire il calore della sua vagina avvolgermi il cazzo, stringerlo. Farlo suo, penetrazione dopo penetrazione sentirla godere. Più penso a questo e più arrotolo la coperta per cercare questa sensazione. Mi sputo su una mano per rendere tutto più morbido durante lo sfregamento. Metto la foto davanti a me fisso il suo volto e poco dopo sento una pressione calda uscire dal mio ventre che spinge con forza fuori e il tempo di sfilare il cazzo dalla coperta che in pochi secondi vedo sei contrazioni calde che escono senza controllo dal prepuzio stretto e arrossato: finiscono tutte sul materasso mentre la prima, la più potente, sul muro.
Avrei voluto fossero finite sulla sua bocca e in faccia.
Mi accascio su me stesso. Sporco di liquido seminale tutto appiccicaticcio.
Non dormo ancora, non sento nessuna stanchezza. Mi pulisco dal mio stesso seme e getto l’accappatoio nella cesta dei panni sporchi. Resto nudo, il cazzo è ormai floscio, alcune gocce si sono asciugate e indurite. Nell’interno coscia vedo la pelle che brilla causa il bianco pallido dello sperma che in quel punto la rende grinzosa.
Quanto avrei voluto che la mia sborra fosse finita davvero tra le gambe di Nina.
Magari in bocca e sui seni.
Ovviamente sui piedi. Ho immaginato più volte tutte le parti di lei che vorrei ricoprire di me. Marchiarla in un certo senso.
Vorrei tanto incrociare quella ragazza ancora, magari stanotte; sul campanello c’è scritto Nina- Sailor Moon.
Divertente considerando che la mia prima sega fu proprio guardando quel cartone animato. Neanche sapevo cosa fosse una sega e la sborra. Ricordo solo il cazzo che diventò durissimo e poi iniziai a strofinarlo contro il materasso. E poi uscirono alcune gocce bianche.
Chissà chi è per davvero, cosa sogna, cosa desidera, cosa le piace, cosa detesta. È una ragazza molto attraente, anche se il significato di attrazione cambia sempre per me: ma lei ha un corpo slanciato, dalle gambe lunghe e toniche, i seni che intravedo dai vestiti sono armoniosi e lunghi capelli lisci neri che le toccano sulle spalle, che vorrei tirare a me con forza facendole capire quanto mi fa eccitare.
In ascensore il profumo della sua pelle bianca è una sensazione dolce e pungente, una doppia personalità e quando ci ritroviamo lì in attesa, allo stesso momento, e mi sfiora incurante, sento che in quell’ascensore vorrei
starle addosso e poi dentro e ficcare il mio naso tra i capelli e sentire il suo odore. Che mi resta addosso, dentro le narici anche se non lei non c’è più quando se ne va lungo il corridoio.
Se è passata prima di me, lo capisco da quello; che è lei e penso alle sue mani mentre premevano il bottone zero per arrivare al piano d’uscita del palazzo. Mani che invece vorrei sul mio cazzo, sui miei testicoli, sentire addosso, vibrare, eccitare, premere e poi sfiorare.
Mi parla quasi sempre quando mi vede e poi sorride e ogni volta che ci incrociamo sulle scale, anche se parliamo delle solite cose. Ma osservare quelle labbra e quei denti, diventano per me una specie di ipnosi: il tempo, il sole o non sole, caldo o freddo che sia.
Quest’estate, con quelle ciabatte infradito, quei piedi piccoli e magri, dalle unghie smaltate e curate, quei vestitini leggeri e colorati che delineavano le curve, mi faceva impazzire ogni volta che la incrociavo.
La vedevo sul pianerottolo e un attimo dopo ero lì in casa a masturbarmi. Frettolosamente prendevo le chiavi, aprivo la porta, mi abbassavo i pantaloni, mi sputavo su una mano e venivo. Non duravo mai molto, trascorrevano pochi minuti dal momento in cui la vedevo a quando entravo in casa, con una mezza erezione.
Era sufficiente ripensare alle labbra, alle gambe lunghe, a quei lunghi capelli neri e poi i piedi, i piedi, piedi: uno, due, tre, quattro strattonate. Venivo sempre sul pavimento. Un paio di fiotti, spesso mi
macchiavo da solo le scarpe e i pantaloni se non riuscivo a schizzare troppo in là.
Le finestre dei nostri bagni sono adiacenti. Spesso, la sera, quando rincasa, apro le ante tenendo le luci spente e la guardo. Noto che si spoglia e spesso si masturba sul tappetino da Yoga.
Lo fa davanti ad uno specchio, indossando calze a rete, talvolta completi intimi ricamati. Lei mi lascia guardare.
Lo so. Lei lo sa. Mi piace come si sputa sulle mani per fregarsi meglio.
Anche questa sera, dopo essere uscita dalla doccia, s’é asciugata il corpo tranne i capelli… che ha lasciato umidi, tutti scompigliati e che le erano finiti sul viso.
S’é seduta a bordo vasca, ha sollevato prima una gamba e poi l’altra e ha appoggiato i piedi contro le mattonelle; mentre le dita dei piedi poggiavano su quella parete cercando una presa ferma e dai suoi occhi si sprigionava eccitazione che andava cercando.
Si mordeva le labbra mentre le dita della mano entravano prima in bocca in cerca di umidificazione e poi, in cerca di piacere, dentro di lei, cercando un ritmo tra le sue gambe. Un crescendo. Io la guardavo. Mi sono sfilato anch’io i boxer, ho sputato sulla mia mano immaginando di essere bagnato di lei.
Vedevo le sue dita che entravano, ormai con un ritmo ben assestato, dentro e fuori la sua vagina mentre con piccoli movimenti circolari del pollice faceva sempre più pressione sul clitoride. Una sequenza ordinata: prima una mano e con il pollice che accarezzava il clitoride, poi le altre dita dentro oppure l’altra mano – che ispezionavano lentamente le grandi labbra-, e infine entrambe trovavano spazio e soddisfazione in lei in una circolarità di movimenti sempre più vorticosa. E lei mi vedeva, sapeva che ero lì col mio cazzo duro per lei, lì in tensione pronto a sborrare, il lampione illuminava la mia finestra e lei poteva vedere la mia mano
scorrere sul mio cazzo sempre più duro, pronto a eiaculare.
Il braccio e il polso che con forza si dimenavano lungo l’asta del cazzo fino alla base dove sbattevano i testicoli. I tendini subivano contrazioni ad
ogni movimento, volevo che Nina capisse quanto mi eccitava, quanto ero disposto a fare per averla. Che tutta quella “durezza” era per lei.
Volevo che guardasse il mio seme schizzare fuori da me, incontrollato per lei. Più gemeva e più io lo strattonavo. Il prepuzio bagnato, stretto in punta e rosso che non scendeva come sempre, ricurvo, mi faceva male e faceva fare solo capolino al glande, pronto a liberarsi, soffocato.
Poi Nina ha afferrato il tubetto di uno shampoo e con forza, girandosi da dietro,
mostrandomi quella pelle chiara che tanto desideravo vedere e sporcare di me, lo ha lentamente inserito nella figa. Potevo vedere i suoi glutei sodi, le piante dei piedi e la schiena. Sentivo che sarei venuto, non riuscivo a trattenermi, non volevo farlo, era una tortura quasi.
Volevo essere io al posto di quel tubetto. Prenderla e farle sentire la mia carne.
A un certo punto s’é girata verso di me e ha sorriso, proprio come sul pianerottolo e mi ha fatto un cenno con le labbra. Voleva dire che
potevo venire.
E così ho fatto immaginando di macchiare i contorni di quella pelle, di centrare quel culo, di ridefinire i lineamenti del suo viso con il mio seme. Lei, divertita, ha simulato un applauso mentre vedeva i miei spasmi
contriti che si rivelavano in otto schizzi bianchi, lunghi e densi e che hanno segnato la finestra e le mattonelle fredde in terra davanti ai miei piedi. Poi Nina ha spento la luce ed é sparita dalla mia vista.
Esco di casa, non dormo ancora. Sono le cinque.
Scendo le scale a piedi, niente ascensore. Poi ricordo di aver dimenticato tutto: portafoglio, chiavi della macchina. Sono in attesa dell’ascensore per tornare su e qualcuno mi agguanta da dietro.
È lei. Sorride.
Entriamo in ascensore.
– Non ti sei stancato di farti le seghe alla finestra per me? Non me la vuoi leccare per davvero? -, è leggermente brilla.
Nina si sfila le mutandine lì davanti a me e me le fa annusare e mi poggia una mano tra le gambe. Afferra la mia testa e mi spinge giù, dentro lei. È umida e io lecco senza dire niente. In fondo è quello che volevo, anche se sta succedendo così in fretta, è strano. Sento già i suoi umori. Vede che mi
sto toccando.
-Non masturbarti. Ci penso io a te, al tuo cazzo dopo.-
L’ascensore si ferma al nostro piano. A fatica Nina trova la chiave di casa, fruga nella borsa, sembra nervosa e mi fa entrare. Lungo il corridoio si
sveste completamente. Tempo di arrivare in camera ed é nuda. Indossa solo quelle calze a rete che ho visto nelle foto su Instagram e tiene le scarpe con il tacco con la mano e posso vederle così le piante dei piedi. Si sdraia e apre le gambe, passa lentamente le mani nell’interno coscia come per mostrarmi meglio se stessa e quello che posso avere.
Mi avvicino per continuare a leccargliela. Prima piano, finalmente posso sentire il suo clitoride, definisco con la punta della mia lingua il contorno del suo sesso, le sue piccole labbra, mi bagno di lei e poi scorro veloce e
forte con tutta la lingua, dentro e fuori, lo faccio insieme ai suoi sospiri, tentando di capirli e seguirli.
Mi sollevo, mi sorride. Poco dopo lecco la punta dei piedi, le rompe le calze a rete e continuo a mettermi in bocca i suoi piedi, in quel reticolo rovinato e ricamato di calze aderenti infilo tra le labbra gli alluci, faccio scendere la saliva e poi è lei che inizia con i piedi a giocare con il mio prepuzio, me lo strattona, ma non scende.
È delusa, ma ho un’erezione ed é contenta lo stesso.
Lo vede stretto, e arrossato.
-Ce l’hai storto e con tante vene. Ed è strano quel prepuzio, non ti scende. Dalla tua finestra non lo vedevo bene.-
Me lo prende comunque in bocca, la lingua compie dei segmenti a volte circolari a volte imperfetti.
Mi piace la sua saliva, le scosto i capelli neri, così morbidi, mentre accarezza i miei testicoli. Penso che sarebbe bello venirle in bocca, vedere se ingoierebbe il seme che così tante volte ho disperso per lei in casa mia. Ma devo resistere. La afferro per il collo, la stringo quasi soffocandola, le ordino di aprire la bocca e così fa.
Ci sputo dentro e le dico di ingoiare. E lei esegue. La libero.
-Prendimi da dietro come mi hai visto dalla finestra- aggiunge quasi con una timidezza che non mi aspettavo.
Si gira verso di me, mi mostra un rivolo di saliva che fa scendere dalle labbra e che cade gentilmente sui seni, cosparge sui capezzoli con quel liquido trasparente.
Le allargo di nuovo le gambe da dietro, le schiaffeggio le natiche e finalmente vedo il culo che sognavo, su cui mi masturbavo; vedo la pelle di Nina, la tocco e posso osservarla da vicino. Bacio quei piercing che delimitano i seni, poi i capezzoli, infilo li il mio cazzo e strofino.
Lei sputa la sua saliva lì in mezzo per far scorrere meglio il mio cazzo che trattiene sia con i seni sia con le braccia incrociate.
I miei testicoli sbattono sul suo ventre, poi le afferro quella bocca che adoro, con forza gliela faccio tenere aperta e le sputo dentro schiaffeggiandola.
Un attimo dopo mi sputo su una mano e lubrificato spingo in lei il mio cazzo. La tengo ferma per il collo, detto io il ritmo. Sento che geme. E aumento con forza.
Si schiude ad ogni colpo che le infliggo. Mi fermo e con la bocca lecco il clitoride, lo massaggio. Voglio darle respiro, darle calore e sicurezza. Lo faccio finchè sento il suo cuore rallentare.
In quel momento risalgo sul suo corpo, girandola e la prendo da dietro. Finalmente posso prenderle i lunghi capelli neri e sento il suo culo che sbatte sul mio ventre in quella posizione.
La mia mano tira con forza i suoi capelli, con le unghie segno il mio piacere sulla sua schiena. I suoi piedi rompono completamente quelle calze a rete, che ora fanno presa sulle mie ginocchia come facevano presa sulla parete nel suo bagno mentre si masturbava per me e io per lei.
Sento un calore montare dentro il mio ventre, mi affianco al suo orecchio, glielo lecco, siamo pelle contro pelle, spingo forte, la mia mano preme ancora sul suo collo. La spingo verso il basso, le faccio abbassare la testa e spingo ancora più forte. Sento i suoi lamenti. Mi piace sentire che è mia.
Allento la presa, sfilo da lei il mio cazzo e lei girandosi mi spinge giù e si mette sopra di me, accarezzandomi lo stomaco. Si scosta i capelli dal viso. Poi prende con una mano il mio prepuzio, rosso, stretto in punta, me lo bacia e poi mi aiuta a trovare in lei lo spazio che vogliamo insieme. Ora è Nina che detta il ritmo che vuole, lo fa guardandomi dritto in faccia, dentro i miei occhi.
I suoi umori mi bagnano, le sue unghie dietro la mia nuca mi premono con forza, geme, ansima piano, poi con ritmo sempre più sostenuto. Mi sollevo dalla schiena, la stringo dai fianchi senza interrompere quel flusso costante di piacere che ha iniziato lei con i suoi tempi, ma continuo io con colpi forti e decisi. Tutto mentre ci guardiamo negli occhi. In quella posizione
riesco a leccare i seni e mordere i capezzoli. Le piace.
Allentiamo entrambi. Mi bacia in bocca, la sua lingua è soffice.
Ho voglia di lei. Riprendo possesso del suo fondoschiena e riprendo dalla stessa posizione di prima.
Faccio pressione e con una mano le faccio capire di distendere la schiena, così si china e si lascia andare. I suoi piedi premono sul mio petto, ma nella parte inferiore, vicino al bassoventre. È calda e bagnata Nina, tocco con una mano la pianta di un piede, mi piacciono le sue piante e aumento con forza tenendole ancora la testa bassa con l’altra mano.
Sento un formicolio fortissimo, mi manca quasi il fiato, in un attimo sfilo da lei il mio sesso che schizza una doppia striscia di seme denso sulla schiena, il tutto seguito da una serie di diverse gocce bianche e ben distinte quanto copiose a mo’ di chiazze sul suo corpo.
Contorno con il mio seme i suoi contorni, finché mi accascio svuotato su di lei e lei con una mano prende il mio orgasmo e lo assaggia.
Ci sdraiamo uno di fronte all’altra, i suoi piedi si divertono a giocare con il mio cazzo ora floscio ma sporco in punta di sborra ancora calda. Le massaggio le dita e poi glielo lecco una ad una.
Nina è divertita. -Non ho fatto in tempo a farti una sega ben fatta con i miei
piedi. Ti sarebbe piaciuta? –
-Io amo i tuoi piedi.-
-Bene, allora ripartiamo da qui.-
La guardo e sorrido. Mi getto sul cuscino esausto aspettando che i piedi di Nina facciano il resto.