Voi direte, ma cosa c’entra l’oggettificazione con LDS?
Il titolo è una pseudo citazione. Nel 1979 Albert Hofmann pubblicò LSD il mio bambino difficile, il libro che parla appunto della creazione dell’LSD.
Hofmann è il papà dell’acido più famoso del mondo. Fu una scoperta casuale, ma anche una vita molto molto combattuta. Ecco il perché di un titolo così, un titolo che racconta in una frase la difficoltà che un padre riscontra con un figlio così particolare, complesso, incompreso.
Due parole su Hoffman.
Fu uno scienziato svizzero, conosciuto soprattutto per essere stato la prima persona ad aver sintetizzato, assunto tramite ingestione ed appreso gli effetti del dietilamide dell’acido lisergico, ovvero LSD. E’ stato anche il primo scienziato a classificare la Salvia divinorum, pianta psicoattiva allucinogena della famiglia delle Lamiacee.
Hofmann è stato membro del Comitato per il Nobel e dell’Accademia Mondiale delle Scienze. Nel 2007 è stato inserito nella classifica dei 100 Geni Viventi, occupando la prima posizione a pari merito con l’inventore del World Wide Web Tim Berners-Lee.
Non è però di LSD che voglio parlare, ne di Hoffman. Questo preambolo l’ho fatto solo perché da ragazzina lessi il libro restando affascinata. Il titolo del libro appunto parla della lotta intestina tra il creatore e la sostanza e rappresenta un po’ bene l’idea di quelle situazioni in cui, non è tanto la sostanza, il servizio, l’oggetto a essere un problema, ma l’uso che se ne fa.
L’oggettificazione vive un po’ questo strascico perché la nostra società non è ancora troppo pronta, non tutta per fortuna, ad accettare che può essere un feticcio, ovvero qualcosa che ci eccita, che adoriamo, che desideriamo.
Cos’è l’oggettificazione?
In ambito kinky si riferisce a uno stato mentale più che a una condizione fisica vera e propria. Sicuramente l’aspetto fisico e concreto può essere d’aiuto, ma il piacere che maggiormente viene tratto dalla dinamica è più legato allo stato mentale della persona che si sottomette.
Non è per forza una dinamica di dominazione e sottomissione, ma sicuramente c’è uno scambio di potere tra due o più persone.
La persona che si sottomette (o che in generale è la parte passiva della dinamica) viene letteralmente declassata a oggetto. Può essere identificata come un mobile, come una bambola, come una persona non in grado di scegliere; una persona quindi passiva che non prende decisioni.
La persona che domina, che conduce il gioco, usufruisce dell’oggetto, bambola, mobile ecc esattamente come farebbe nella quotidianità. Chiaramente c’è un tipo di attenzione differente, ma di base è l’assenza di dinamiche normalmente convenzionali, tra le due persone, che eccitano le due parti.
Tutto ciò da non confondere con dinamiche che escono dal discorso di sadomasochismo e di non consensualità. L’oggettificazione di cui stiamo parlando appartiene a una dinamica in cui le parti sono consapevoli e desiderose di ciò che fanno, di ciò che incontrano, delle implicazioni psicofisiche.
Il processo
Il processo di oggettificazione, così come quello della dollyficazione e del gioco di human furniture, è interessante perché, come ogni gioco che appartiene alla sfera del bdsm, ha una dinamica che usa il corpo per arrivare a un piacere per lo più fisico.
Nel caso dell’oggettificazione stiamo addirittura parlando di un piacere che per lo più è psicologico e forse meno fisico di tantissimi altri giochi legati alla sfera del bdsm.
Possiamo definire come un processo di trasformazione l’interessante passaggio che si compie nel momento in cui il gioco inizia.
Nel caso della dollyficazione, ad esempio, c’è una fase di preparazione fisica che in un certo senso accompagna il futuro oggetto, gioco, bambola, mobile, attraverso la “personificazione” (ok sembra un eufemismo). Essendo un gioco di ruolo non dobbiamo dimenticarci che c’è uno story-telling dietro e dietro questo racconto ci sono sempre personaggi, personalità, identificazioni, scelte.
Il processo (per semplificare scelgo da persona a bambola) di trasformazione, accompagna la persona che diventa una bambola, nel personaggio. E’ un po’ come se fosse un riscaldamento, un esercizio per entrare nella parte.
Il trucco e il vestito influenzano particolarmente l’immersione, in particolare appunto della parte sottomessa.
La dinamica
Ciò che si crea in una dinamica come questa è molto delicato. Come scrivevo prima, è un tipo di gioco che tocca molto l’aspetto psicologico. Quando giochiamo con dinamiche di questo tipo è fondamentale stare molto attenti, non solo per una questione di consenso, ma anche perché spesso non ci rendiamo conto di dove stiamo andando.
Toccare tasti delicati per la persona sottomessa, e quindi nella posizione più fragile, è facilissimo.
L’oggettificazione comprende dentro di se anche una dinamica a volte legata all’umiliazione e al senso di colpa, argomenti non semplici da affrontare in nessun contesto. Nell’ambito BDSM invece sono proprio quelli i tasti che tocchiamo. Ecco perché va riposta particolare attenzione.
Si gioca con la fragilità d’animo di una persona che decide di abbassare il suo status sociale. Ciò non vuol dire che ami quello status perennemente o che sia sottomessa quotidianamente. Spesso si tratta proprio del voler staccare la spina di situazioni che normalmente sono diametralmente opposte.
Chi sceglie una dinamica di questo tipo, mediamente, spesso ha ruoli di potere, decisionali, con molta responsabilità.
Femminismo e oggettificazione
Esiste una fetta di femminismo che non accetta il bdsm, un femminismo che non vede di buon occhio le donne che scelgono di sottomettersi; esiste anche una fetta che non ama chi si eccita con l’oggettificazione erotica.
So bene che non è semplice scollegarsi dal concetto di Patriarcato che potrebbe esserci sotto a una scelta simile.
Personalmente penso che nel momento in cui scegli consapevolmente di avvicinarti a un certo tipo di sperimentazione non ci sia nulla da temere. Quando sei tu a decidere (maschio o femmina), e lo fai con cognizione di causa, per piacere e desiderio, non c’è nulla di male, è solo una declinazione di un desiderio, è una fantasia, non è la realtà dei fatti, ne una costante nella tua vita.